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Dialogo con San Bruno 48

6 dialogo

Alle domande del certosino, San Bruno risponde con evidente sicumera.

CG – Padre, scusa la mia curiosità, ma voglio farti questa domanda: che posto ha avuto Cristo nella tua vita? Te lo chiedo perché nei Titoli funebri ci viene detto che «non avevi altra cura che l’amore di Cristo» (Titolo 66). Che eri “Un eremita assetato di Cristo” (Titolo 81). E nel deserto di Reims, dove ti conoscevano così bene, ti assicurano «che giorno e notte eri attento ai precetti del Signore, Modello di coloro che abbracciano la vita solitaria» (Titolo 54).

SB – Posso dirti solo una cosa e credo che in essa troverai la risposta e la spiegazione di tutta la mia vita: ho inteso Cristo come la manifestazione più grande e migliore della Bontà del Padre e se il Padre pone i suoi piaceri in Cristo, se Cristo è il Verbo del Padre, la sua Immagine, il Segno della Divinità, l’oggetto di tutto il suo amore, e se tutti i tesori della Sapienza e della Scienza sono stati riversati su Cristo di Dio, che cosa c’è di strano nel fatto che io avessi sete di Cristo, che Lui fosse l’oggetto delle mie preoccupazioni, il mio modello di vita e che anche per me Cristo fosse la mia vita?

Mi chiedi che posto ha avuto Cristo nella mia vita. No, non aveva un posto, lo occupava tutto, con tutte le sue azioni e sofferenze.

Come sei figlio, posso svelarti il mio cuore: fin dalla giovinezza ero innamorato di Cristo; Per Lui ho lasciato la famiglia e la patria. Niente di straordinario, perché quando qualcuno incontra Cristo trova quel tesoro per il quale vende tutto per trascorrere tutta la vita con Lui. È vero, chi ha incontrato Cristo non può fare altro che donarsi a Lui, fidarsi di Lui e seguirlo ovunque, imitarlo, rimanendo sempre con Lui e appartenendo a Lui «sive per vitam sive per mortem»

Prima ti consigliavo di vivere la dimensione cristologica della tua vita. Ti parlo per esperienza. Infatti, se ti addentrerai nella lettura dell’Esposizione del Salterio che ti ho lasciato, vedrai ciò che ti ho appena detto, vedrai ciò che il mio cuore sentiva riguardo a Cristo e per Cristo, e ciò che è uscito da me attraverso la mia penna.

Sì, nel Salterio, nella sua interezza, ho visto Cristo, ho scoperto i suoi misteri, ho contemplato la sua opera. Ed è stato così che, coniugando il senso letterale, storico, anagogico e mistico (un gusto molto del mio tempo) ho scoperto e descritto l’opera di Cristo, la sua multiforme bellezza, la sua azione permanente sulle anime.

Per questo parlo del Cristo personale e del Cristo totale, della Chiesa, Corpo di Cristo integrato dalle sue membra, dai suoi discepoli. E mi riferisco a Cristo Medico e Signore, Pastore e Maestro, Cristo Cibo e Bevanda, Morto e Risorto, nostro Mediatore. Al Pane del nostro pellegrinaggio e alla Corona della nostra Gloria. Al Primogenito, al nostro Fratello, al Figlio di Maria, a Lui come nostra Salvezza e Vita.

E se do lezioni di vita cristiana e do regole per agire nelle diverse circostanze della nostra esistenza nel mondo e se do consigli, tutto ha questo scopo esclusivo: che i miei lettori conoscano meglio Cristo Salvatore, che lo seguano più generosamente e che lo amino con tutto l’ardore del tuo cuore. Questo ho voluto per me e continuo a volere per tutti i redenti e, in modo speciale, per i miei figli.

Sì, conoscere Cristo, amarlo e donarmi a Lui per sempre è stata una grazia che Dio mi ha dato e che non potrò mai ringraziare adeguatamente. Ora, qui nella Gloria, viviamo nella pienezza del Suo amore; la nostra vita affettiva è al suo centro, nel suo riposo, «perché contempla e possiede il Sommo Bene»; la “Parola eterna e immutabile, che ci rende beati”; l’Umanità di Cristo, «la vera e prima bellezza, che abbellisce anche chi l’ama e lo rende degno di essere amato… Ciò che la tocca è beato, mediante la visione della felicità» (Sant’Agostino, De civitate Dei X, 16).

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