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Lettera di Santa Caterina da Siena ad un certosino di san Martino

Lettera di Santa Caterina da Siena

ad un certosino di san Martino

statua di santa.caterina fuori la certosa di Pontignano (Siena)

E’ trascorso del tempo da quando vi ho proposto una delle dodici lettere inviate da santa Caterina ai suoi amici certosini, ed ho quindi deciso di proporvene un’altra. L’epistola che vi offro in questo articolo è indirizzata a Padre Cristofano della certosa di san Martino a Napoli. Il conforto offerto da Caterina al giovane monaco, riguarda i turbamenti di questi in preda a forti pulsioni fisiche. Avendo inteso, che egli si ritrovava in grandi tentazioni, e confusioni di mente, desidera vederlo illuminato di viva Fede, mostrandogli, come per esso conosciamo noi stessi, come la Divina  Bontà agisce, e perveniamo alla vera virtù della Pazienza. A seguire il testo completo della lettera che ci mostra una profonda vicinanza spirituale utile al conforto ed al raggiungimento della pace interiore.

Lettera CCCXXXVA don Cristofano monaco di Certosa del monastero di San Martino di Napoli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in voi il lume e il fuoco dello Spirito Santo; il quale lume caccia ogni tenebra, e il fuoco consuma ogni impazienzia e amore proprio che fusse nell’anima, o corporalmente o spiritualmente che fusse. Però, ho grande desiderio di vedere in voi questo lume e fuoco; perchè, secondo che mi scriveste, avete passioni e tribulazioni spirituali e corporali, per le quali egli vi bisogna questo lume. E perchè ci bisogna, padre carissimo, questo lume? perchè è uno vedere che ha l’occhio dell’intelletto; perchè, come nella visione di Dio sta la nostra beatitudine, cosi nel vedere e nel cognoscimento di noi medesimi e della bontà di Dio, che è in noi, riceviamo il lume della Grazia dello Spirito Santo; il qual lume e Grazia fortifica l’anima, e accende a portare con grande desiderio e pazienzia ogni infirmità e tribulazione e tentazione che ricevessimo o dagli uomini o dal dimonio o dalla carne propria. E non vuole eleggere neuno tempo a modo suo; ma ogni tempo e stato che ha, ha in reverenzía, siccome persona che è vestita della dolce e eterna volontà di Dio. Perocchè, subito che l’uomo volle l’occhio dell’intelletto a cognoscere e vedere la volontà di Dio in sè, e quello che la volontà di Dio richiede; truova che egli non cerca nè vuole altro da lui che la sua santificazìone. Che-se egli avesse voluto altro, Dio non ci averebbe dato il Verbo dei Figliuolo suo, e il Figliuolo non averebbe dato la vita con tanto fuoco d’amore. Vede dunque l’aníma, che ciò che Dio le permette in questa vita, o d’infirmità corporale o spirituale per diverse tentazioni, il fa per suo bene; e tutte le giudica nella volontà di Dio: la quale permettendole solo per nostro bene, vede l’uomo che una foglia d’arbore non cade senza la providenza sua. Dio ci lassa tentare per prova delle virtù, e per accresci mento di Grazia; non perchè noisiamo vinti, ma perchè noi siamo vincitori; non confidandoci nella nostra fortezza, manell’adiutorio divino; dicendo con l’Apostolo dolce Paolo: «Per Cristo crocifisso ogni cosa potrò; il quale è in me, che mi conforta». Facendo così, il dimonio rimane sconfitto: e questaè l’arme con che rimane sconfitto: spogliarsi della sua volontà, e vestirsi di quella di Dio,giudicando che ciò ch’egli permette, è per nostra santificazione. Perocchè niuna cosa è chedia pena nell’anima, se non la propria volontà.

E perchè di questo il dimonio se ne avvede; non potendo ingannare li servi di Dio nelle cose che paiono male, e in troppo larga coscienzia; egli si pone ad ingannarli sotto colore di virtù, con disordinata confusione e strema coscienzia, dicendo all’infermo: «Se tu fussi sano, molto bene potresti fare». E a colui ch’è tentato e molestato da esso dimonio, di qualunque tentazione o molestia si vuole essere, per cogitazioni e pensieri, dice nella mente sua, volendo che egli le rifiuti: «Se tu non l’avessi, ne piaceresti più a Dio; averesti la mente pacifica; l’officio, e l’altre operazioni tue sarebbero grate e piacevoli a Dio» volendogli far vedere che, per quelli pensieri e forti battaglie, neuno suo detto o fatto piaccia alla bontà di Dio. E, perocchè il dimonio guadagna più nelli servi di Dio dalla confusione che da altro, poichè egli non li può fare cadere con colore di vizio, e’ gli vuole fare cadere sotto colore di virtù.

Sappiate dunque, carissimo padre, che Dio ci permette le fadighe, solo perchè noi proviamo in noi la virtù della pa zienzia, della fortezza e della perseveranzia; le quali virtù escono dal cognoscimento di sè. Perocchè nella battaglia io cognosco, me non essere:

perchè, se io fussi alcuna cosa, io me la leverei; ma io non posso levarmi le battaglie dell’anima nè le infirmità del corpo possiamo, bene, levare la volontà, che non consenta; e in questa volontà troviamo la bontà di Dio, che per amore ineffabile ci donò questa volontà libera, nella quale sta il peccato e la virtù. Chè, siccome donna ch’ella è, nè dìmonio nè creatura la può costringere, più che ella si voglia, a neuno peccato. Vedendo dunque questo l’anima prudente, nel tempo delle battaglie gode, vedendo che Dio glie le permette per farla crescere in maggiore e più provata virtù. Perocchè la virtù non è mai provata se non per lo suo con trario; e non si vede se ella è virtù: siccome la donna che ha conceputo in sè il figliuolo, che infino che nol parturisce, non può vedere di verità quello che è se non per opinione. Così l’anima, se ella non parturisce le virtù con la pruova delle molte pene, da qualunque lato elle vengono, o dalla carne o dal dimonio o dagli uomini, non può mai vedere se ella l’ha, o sì o no. Perocchè molte volte l’anima che anco non è provata in virtù, si dispone a portare ogni cosa per lo Dio suo. E quando Dio vede conceputo il desiderio dell’anima, subito la mette alla pruova, e vuole pruovare l’amore suo, se egli è fedele o mercennaio: perocchè allora il pruova l’anima in sè quando il truova fedele, cioè, che tanto si muova per la tribulazione, quanto per la consolazione. E perchè vede che ogni cosa è permessa da Dio, gode e diletta di ciò ch’ella ha, perocchè è fatta una volontà con quella di Dío. Ma se egli si truova servo, cioè che nel tempo della pruova egli voglia fuggire la pena; questi sarebbe mercennaio, e non fedele. Onde ha materia allora di correggersi. Adunque bene è la verità, che Dio ogni cosa permetta a noi per accrescimento di Grazia e provazione della virtù, come detto è: perocchè l’anima per questo ne cognosce meglio sè; nel quale cognoscimento s’umilia, e non si leva in superbia; e cognosce la bontà di Dio in sè, trovando che gli conserva la volontà, che non consente a tante molestie e illusioni di dimonio. Or questo è la volontà di Dio: cioè, che per questo fine ce le concede. Ma la volontà perversa del dimonio, quale è? è questa: che per far venire l’anima a tedio, a confusione, a tristizia di mente, e a stimolo di coscienzia, non ci tenta l’antico nemico di peccato dissoluto, dandoci molte volte molestia e movimento nel corpo nostro, perchè egli creda che noi vi cadiamo; perocchè egli vede bene che la volontà ha deliberato innanzi di morire che di consentire. Ma fàllo per giungerlo nel secondo, cioè facendogli reputare, che quella sia offesa colà dove ella non è; dicendogli: «Le tue operazioni e orazioni debbono essere con purità di mente e di cuore; e tu le fai con tanta immondizia!». Questo dice egli, perché l’orazione gli venga in tedio, acciocchè nel tedio e nella tristizia egli l’abbandoni, e quello e ogni buona e santa operazione. Perocchè egli ragguarda solo che modo possa tenere di farci gittare l’arme a terra, con la quale noi ci difendiamo; perocchè gli è più agevole averci nel primo che nel secondo. L’arme nostra è questa, la santa orazione e le cogitazioni Sante, fondate nella dolce ed eterna volontà di Dio; nella quale volontà l’anima non cerca sè per sè, ma sè per Dio, il prossimo per Dio, e Dio per Dio, e non per propria utilità, inquanto Dio è somma ed eterna bontà, e degno d’essere amato e servito da lui. Sicchè dunque l’ama e serve in ogni stato e tempo ch’egli è. Onde allora sta in su la rócca sicura, con un acceso e ardito desiderio, levandosi sopra di sè; tenendosi ragione con uno odio santo di sè medesimo, reputandosi degno delle pene e delle battaglie, e indegno del frutto che sèguita dopo la pena. E per umilità si reputa indegno della pace e quiete della mente; e dilettasi di stare in croce con Cristo crocifisso. Egli si vuole satollare d’obbrobri, di pena, di scherni, di villanie, purchè egli si possa conformare con Cristo; perocchè vede che l’anima non si può unire col suo Creatore se non per amore. E per amore Cristo Gesù elesse questa vita per la più perfetta e migliore che avere potesse: e però egli ci insegnò ch’ella era la via della verità e della luce dicendo: «Io son via, verità e vita. Chi va per questa via, non erra; anco, va per la luce». E però i servi di Dio, volendolo seguitare, se possibile fusse loro di fuggire l’inferno e avere paradiso e uscire dal mondo senza pena; non vogliono. Anco, con pena vogliono uscire dal mondo, campare dell’inferno, ed avere vita eterna; per conformarsi col loro diletto Cristo. Onde, se essi sono infermi, godono, perchè veggono vendetta del corpo loro e di quella legge perversa che impugna contro lo spirito: e se essi sono in battaglie e in tenebre di mente, o in tentazione di bastemmia o di disperazione o d’infidelità, o d’altra molestia che il dimonio gli desse; essi godono per vera umilità, reputandosi indegni della pace. E non curano fadighe; ma attendono pure a conservare la rôcca forte della sua volontà, sicchè ella non s’inchini a neuno suo sentimento; sentendo che la rôcca della volontà, per la grazia di Dio, sta forte: che non tanto che ella consente, ma d’altro non ha pena se non per timore che ha di non offendere Dio. Ma in questa pena voglio che v’abbiate cura: perocchè mi pare che il dimonio vi ci dia molta molestia: anco, tutte le vostre pene sono ridotte qui su. E però sappiate che questa pena vuole essere ordinata, come detto è; cioè, fondata in cognoscimento di sè per umilità, e nel cognoscimento della bontà di Dio, il quale vi conserva la volontà. E a questo modo sarà pena ingrassativa, che ingrasserà l’anima nella virtù; e non consumativa per disperazione: e traranne la virtù piccola della umilità per cognoscimento di sè, e la virtù della carità, per cognoscimento di Dio; che sono queste due ale, che fanno volare l’anima a vita eterna. Perocchè non sarebbe buono a pigliare solo il timore dell’offesa; che non fusse mesco lato con la speranza della divina misericordia. Chè altro non vorrebbe il dimonio, che conducerci in su la confusione e tristizia, la quale disecca l’anima. La quale tristizia e confusione di mente gitta a terra l’arme che lo Spirito Santo hadato nell’anima, cioè della volontà sua, conformata con quella di Dio; e cominci poi a volere la sua propria, sotto colore di meglio servire a Dio, volendo levare la infirmità e l’altre pene mentali che egli ha avute, e ha; dicendo: «Meglio e più liberamente servirei al mio Creatore». Questo cotale s’inganna; e lo inganno gli viene dal disordinato timore che ildimonio gli dà: il quale fa questo per rivestirlo della volontà sua propria. Onde gli nasce allora una impazienzia; che diventa in comportabile a sè medesimo: con una occupazione di mente, uno parere proprio e uno volere eleggere le vie e gli stati a suo modo, non secondo che Dio gli permette. Dunque non ci voglio più confusione nè tristizia nè volontà vostra; ma una letizia, e fuoco dolce d’amore, e lume di Spirito Santo, con uno cuore virile e non timoroso; vesten dovi della dolce ed eterna volontà di Dio, la quale v’ha per messo e permette ogni pena che avete, corporale e mentale: e questo ha fatto e fa per vostra santificazione, e per singolare amore donato a voi, e non per odio. Orsù dunque con l’arme! e sconfiggiamo questo dimonio con la eterna volontà sua; e col pensiero cacciamo il pensiero, cioè con pensieri di Dio cacciamo quelli del diavolo. E se voi mi diceste: «io non posso pensare di Dio, nè dire l’officio, nè fare neuna altra buona operazione, sì per la infirmità e sì per li molti contrarii che nella mente mi vengono»; io vi rispondo: nol lassate però; ma nella infirmità adoperate la pazienzia, perocchè ine si pruova. E nelle cogitazioni del dimonio, adoperate l’officio e i pensieri santi di Dio; non occupandovi la mente di stare a contrastare col dimonio, volendo per questo modo fare re sistenzia a lui. Non fate così: perocchè ella se ne occuperebbe più. Ma fate ragione che sia fuore di voi, perocchè la potete fare: però che tanto sono dentro di voi, quanto la volontà consente. Non consentendo, non sono entrati nella casa, ma bussano alla porta. Debbesi dunque levare l’anima, e non pigliare la saetta del dimonio, e con essa volerlo ferire, perocchè nol ferirebbe mai; cioè, di volere stare a contrastare con lui: ma è da pigliare la saetta della volontà di Dio e dell’odio e dispiacimento di sè, e con esso percuoterlo; rispondendo al dimonio: «Se tutto il tempo della vita mia, il mio Creatore mi volesse tenere in questa pena e fadiga, io sono apparecchiato di volerla per gloria e loda del nome suo». E dire alle tentazioni: «Voi siate le molto ben venute»; e riceverle come carissimo amico; perocchè sono cagione e strumento di levarmi dal sonno della negligenzia e farmi venire a virtù.

Godete, dunque, e esultate e perseverate infino alla morte. E innanzi morire, che innovarvi dal luogo che Dio v’ha chiamato. Ma con una pazienzia abbracciate la croce, nascondendovi tra Dio e le pene; aprendo l’occhio all’Agnello svenato e consumato per voi; essendo contento di permanere in quello che Dio vi pone, e vi ponesse per lo tempo avvenire. Questo debbiamo fare, perchè noi siamo certi che Dio ci chiama ed elegge in quello modo che più piacciamo a lui. Facendo così, acquisterete lume sopra lume; e le pene per Cristo crocifisso vi saran diletto, e il diletto e le consolazioni del mondo vi recherete a pena: e in questa vita comincerete a gustare l’arra di vita eterna. Perocchè questa è una delle beatitudini principali che ha l’anima che è nella vita durabile; che è confermata e stabilita nella volontà del Padre eterno: onde ine gusta la divina dolcezza. Ma non la gusta mai di lassù, se egli non se ne veste prima, di quaggiù, mentre che siamo peregrini e viandanti. Ma quando n’è vestito gusta Dio per Grazia nelle pene, empiesi la memoria del sangue dell’Agnello immacolato; lo intelletto s’apre, e ponsi per obietto l’amore ineffabile che Dio gli ha manifestato nella sapienza del Figliuolo: onde allora l’amore che trova nella clemenzia dello Spirito Santo, caccia l’amore proprio di sè e d’ogni cosa creata, fuore di Dio. Non temete dunque, padre carissimo, ma con letizia portate, di conformarvi bene con la volontà sua, o infermo o sano o in qualunque modo o stato vi vuole. Perocchè ora non vi richiede altro che la pazienzia e la fortezza, con dolce perseveranzia; la quale perseveranzia averete, se delibererete nel cuore vostro di non volere altro che fadighe e pene. E seguiteravvene la corona; però ch’ella è data alla fortezza ed alla perseveranzia. Questa riceve l’anima che è alluminata e piena del fuoco dello Spirito Santo: e senza questa guida non possiamo andare: la quale guida s’acquista e perde per lo modo detto di sopra. E però dissi che io desiderava di vedervi il lume e l’ardore dello Spirito Santo, e cosi prego e pregherò la somma ed eterna Verità, che ve ne riempia sì perfettamente, che voi cognosciate il tesoro delle molte tribolazioni e tentazioni che v’è messo nelle mani solo per amore, e perchè voi siate de’ suoi eletti, e per remunerarvi delle vostre fadighe nella eterna sua visione. Altro non dico. Se piacerà alla bontà di Dio, che voi serviate al luogo di Gorgona; so’ certa che egli ne farà quello che sarà meglio per voi. Or state dunque contento in ogni luogo: e guardate che non credeste alla tenerezza e compassione del corpo. Siate contento alla vita degli altri frati e fratelli, che sono stati e sono di quella carne che voi; e quello Dio è per voi che è per loro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Gesù dolce, Gesù amore.

2 Risposte

  1. Gradirei sapere in quale lettera Caterina da Siena parla della tentazione come di una rosa a cui basta spezzare la spina per superarla.Forse avevo già’ fatto questa domanda.

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