Fratello Manuel della Purificazione
Donato di Paular
Oggi vi propongo un’altra storia di vite esemplari di fratelli certosini, quella di oggi riguarda un “donato“. Una storia affascinante!
I genitori di Manuel della Purificazione erano semplici coltivatori di abitudini profondamente cristiane. Quando raggiunse l’età per poter essere utile, suo padre lo portò ai lavori nel campo. Questa vita così austera e modesta sorrideva all’anima candida e risplendente del bambino. Molto presto sentì nascere una potente attrazione alla solitudine; la sua vocazione si disegnava nel corso degli anni.
E fu proprio per trovare un modo più favorevole a questa sua necessità interiore, che il giovane Manuel entrò come un “famiglio” nella Certosa di Paular. Presentivano, osservando l’inizio della sua vita in Certosa, che non si sarebbe fermato in questa così bella strada. Il Priore, dopo un attento esame, scoprì in lui i segni indubbi di uno appello della grazia e gli offrì l’abito religioso. Il fratello accettò la proposta, ma alla condizione che la donazione fosse il suo primo e ultimo passo. «Salire più in alto, disse lui, fare professione, mai lo consentirò. Se sapessi come sono indegno di questo favore eccezionale!». Il Priore evitò, prudentemente, di insistere.
Il nostro aspirante fece la sua donazione il 2 febbraio 1644 e fu donato per tutta la sua vita. Che bella anima era nascosta sotto questa corteccia rude! La sua pietà, più illuminata del solito tra le persone in questa condizione, prendeva le forme più diverse, senza perdere il suo profumo. La preghiera e la mortificazione erano le due ali che lo avevano elevato sopra la terra; questo luogo dove molto spesso restano inerti i religiosi in contatto forzato con le persone e le cose dall’esterno. Per quanto riguarda l’obbedienza egli era indifferente e passava da una all’altra senza mostrare la minima ripugnanza. Un lavoratore infaticabile, non lo avrebbero mai trovato senza occupazione. E vedendolo trascorrere tutta la giornata, si potrebbe dire che solo sognava con il rumore degli affari. Schiavo dell’obbedienza, lui non sapeva cosa era ragionare. Con un ordine o solo con un segno dei suoi superiori, si sarebbe lanciato ciecamente nelle braccia della morte.
Il segreto di ciò che viene chiamato ‘il modo giusto’, il caro Fratello lo trovava ai piedi del tabernacolo. Era lì che lui si ritirava appena aveva un momento libero. Cosa succedeva, allora, fra quest’anima dritta e Colui che dichiarò deliziarsi particolarmente con i semplici? Non proveremo a dirlo.
Sappiamo che i donati non sono soggetti all’astinenza di cibi grassi. Se, oggi, tutti la mantengono, è perché tutti vivono nella clausura. Ma prima non era così. I pasti dei fratelli donati con carne, erano preparati al di fuori, in un appartamento privato, dove loro andavano al tempo regolamentato. Il nostro buon Fratello, come si può ben pensare, apparteneva al piccolo numero di coloro che preferivano seguire sempre il regime della comunità.
Tuttavia, giunse il momento in cui le infermità premature, paralizzando le sue forze, costrinsero il servo di Dio a rassegnarsi a soffrire. Lui soffrì molto, ma con una pazienza ammirevole che causò l’ammirazione di tutti. Morì l’11 gennaio 1668, con la sicurezza tranquilla e la fede serena di un vero religioso.
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Que de perles précieuses dans les rangs des Chartreux. Malheureusement, la spiritualité de cet Ordre monastique, en accentuant l’anonymat, se défend d’en partager la connaissance avec le reste du monde. Que de beaux témoignages ainsi perdus … mais le Plan de Dieu est probablement plus sage, même s’il nous échappe.