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I santi certosini “ritrovati”

cella priorale

La storia che oggi voglio raccontarvi, riguarda il ritrovamento di alcuni dipinti, raffiguranti santi certosini, facenti parte di un ciclo pittorico realizzato da Pedro Duque Cornejo. Questi, nato a Siviglia nel 1677, apparteneva a una famiglia di artisti da lunghe generazioni fra le più celebri in Spagna. Egli fu un pittore e scultore del barocco andaluso del XVIII secolo, fu noto anche come incisore ed architetto di pale d’altare. Il rapporto di Duque Cornejo con l’ordine di San Bruno risale al suo periodo vissuto a Granada, tra il 1713 ed il 1719 quando lavorò alle sculture del Sagrario della certosa dando prova del suo talento. Fu così, che nel 1725 fu chiamato anche alla certosa di El Paular, dove realizzò numerose sculture di santi, angeli e allegorie che decorarono sontuosamente la cappella del Sagrario.

Solo nel 1731, questo valente pittore, fu chiamato alla certosa di Siviglia, ovvero nella sua città natale, dove la comunità certosina di Las Cuevas, lo scelse per eseguire alcune opere. Trascorsero alcuni anni, durante i quali l’artista frequento il complesso certosino, ma sembra che solo nel 1739 lo scultore abbia iniziato a lavorare in certosa, ricevendo la prima commissione per l’esecuzione di una coppia di pale d’altare collaterali, dedicate a San Michele e Santa Teresa, che affiancavano l’altare del Santo Cristo. I rapporti tra la comunità certosina e Pedro Duque Cornejo, si intensificarono sotto il nuovo priorato di Dom Pedro de Cepas, il quale gli commissionerà il ciclo pittorico di santi certosini da destinare alla cella priorale. Tra il 1742 ed il 1746 Duque Cornejo soggiornò tra i certosini per diversi periodi, e nonostante il rigoroso silenzio monastico egli riuscì a stringere rapporti amicali con alcuni confratelli. Durante questo nuovo priorato, fu intrapresa la ristrutturazione di una stanza al piano superiore della cella priorale, laddove sarebbe stato esposto il nuovo ciclo pittorico.

Il Priore fu entusiasta del lavoro fatto dall’artista sivigliano, ma purtroppo ben presto giunsero le vicissitudini storiche del turbolento inizio ottocento, che provocarono la dispersione, e in alcuni casi la perdita, del patrimonio pittorico della certosa. La comunità certosina venne esiliata in Portogallo dal 1810 al 1816, in seguito allontanata dal proprio convento dal 1820 al 1823, ed infine dispersa definitivamente nel 1835. Lo scempio causato dalla confisca di Mendizábal portò alla distruzione e alla dispersione di queste opere.

Di quella serie di dipinti, recentemente ne sono stati ritrovati due, che fino ad ora si trovavano nel Palazzo Arcivescovile di Siviglia, essi rappresentano due santi dell’ordine certosino, che raggiunsero la dignità episcopale. Uno, raffigura S. Ugo vescovo di Lincoln riconoscibile per il calice che sorregge, e dal quale fuoriesce la figura di Gesù Bambino, con chiaro riferimento ad un miracolo attribuito al santo, il quale è inoltre accompagnato dall’inseparabile cigno, immancabili elementi iconografici di questo certosino.

S. Ugo di Lincoln

L’altra tela, rappresenta santo Stefano di Chatillon, Vescovo di Diè noto per le sue visioni ed estasi, quando venerava un crocifisso o adorava il Santissimo Sacramento. Il pittore qui lo ritrae mentre gli appare un’angelo che incensava il Signore, nel mentre il santo certosino eleva le sue preghiere al cielo.

S. Stefano di Chatillon

A questa coppia di dipinti se ne aggiungono altri due inediti, conservati nel coro inferiore del convento di Santa Isabella a Siviglia. Non c’è dubbio che anche questi due facevano parte del ciclo di Pedro Duque Cornejo, poiché le loro dimensioni coincidono ed inoltre lo stile e la fattura appaiono analoghi.

Uno di essi raffigura, san Bruno, genuflesso con il cappuccio sul capo in lacrime davanti al crocifisso, sulla sua sinistra un libro, un flagello e un teschio, come strumenti di penitenza e di meditazione, mentre dietro di lui ci sono una mitra e un pastorale, a simboleggiare il suo rifiuto della dignità episcopale.

S. Bruno

L’altra tela ci illustra Sant’Ugo di Chàteauneuf, vescovo di Grenoble, noto per aver concesso il luogo ove edificare la prima certosa. Il santo appare addormentato su di una poltrona, nel mezzo di un sogno premonitore, come rivelano le sette stelle che appaiono dalla finestra. Indossa una croce pettorale, e la mitra appare sulla scrivania accanto alla penna e al calamaio. Il dipinto risulta gravemente deteriorato nella zona del volto e del cielo, con gravi perdite di materia pittorica.

S. Ugo di Grenoble

Vi sarebbe stata anche una quinta tela, a completare quel ciclo pittorico, probabilmente raffigurante Sant’Antelmo di Chignin, Vescovo di Belley del quale si sono però perse le tracce.

Rimane ignoto il percorso che hanno avuto questi dipinti per raggiungere le attuali collocazioni, possiamo presupporre che il Padre Priore li abbia affidati o donati a qualche congregazione religiosa in grado di poterle conservare e ricoverare.

Averli ritrovati, e ricostruito la loro genesi, ci testimonia il valido contributo dell’artista Pedro Duque Cornejo nelle decorazioni della certosa di Siviglia.

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