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Sulle tracce dell’alimentazione dei certosini

Sulle tracce dell’alimentazione dei certosini

certosini a tavola (certosa calci affresco refettorio)

Alcuni anni orsono è stato condotto uno studio volto alla ricerca di trovare tracce dell’alimentazione dei monaci certosini. Ciò è stato possibile a seguito di scavi effettuati all’interno della certosa di Santa Maria degli Angeli in Roma. Furono eseguiti dei saggi esplorativi nell’aula VIII delle Terme di Diocleziano, sede della certosa, al fine di trovare reperti della vita monastica. Il risultato di tale studio ha evidenziato tracce di pesce e sorprendentemente di lontra. Si evince dunque che la comunità monastica certosina di Roma fece largo uso di questo mammifero lacustre. A tal proposito occorre ricordare che che il Concilio di Nicea aveva dichiarato la lontra e alcuni volatili, come ad esempio il piviere, la folaga, la melanitta e l’oca delle nevi, “carni” di magro poiché vivevano il maggior tempo della loro vita in mare. Non potendo mangiare carne vietata dalla regola, i monaci optavano per queste specie particolari, che cucinavano in maniera prelibata realizzando gustose salsicce e salami di pesce, ma anche sanguinacci di tartaruga e di lontra, o lontra in umido.

Tra i resti ritrovati, pesci di acqua dolce (luccio, carpa) e di mare (spigola, orata, ombrina, ricciola, palamita e tonnetti) oltre ai numerosi carapace di tartarughe sia terrestri che palustri di cui erano ghiotti.

Ai certosini come sappiamo era permesso di consumare oltre al pane, legumi,verdure,formaggio, uova, pesce e bere vino “… accontentiamoci del pane e dell’acqua e, se ci piace, del sale il secondo e il quarto e il sesto giorno: il terzo, il quinto ed il sabato cuciniamo noi stessi legumi o qualcosa di simile, riceviamo dal cuoco vino e il quinto giorno, il formaggio o altro cibo delicato. Dalle idi di settembre sino a pasqua, fatta eccezione delle solennità, non mangiamo più di una volta al giorno: a Pasqua e sino al predetto termine, nei rimanenti giorni ci ristoriamo la seconda volta: a cena e a pranzo mangiamo, se è possibile erba cruda e frutta. Prendiamo una quantità necessaria al nostro sostentamento, né più né meno. Mangiamo il formaggio, pesce o uova una sola volta e restituiamo il superfluo. Beviamo vino a pranzo o a cena sia reso per il sabato ciò che avanza di pane e vino. Quando ci riuniamo in Refettorio aggiungiamo ai legumi e agli erbaggi formaggio o un’altra simile pietanza e per la cena se è possibile altri erbaggi, nell’Avvento non ci nutriamo né di uova né di formaggio” Dagli statuti dell’ordine

La lontra dunque al pari del castoro rientrava nella categoria degli Aquatilia per cui ne era consentito il consumo. Nei registri contabili dei certosini di Roma degli anni 1800 – 1810 sono stati appuntati acquisti di lontra tre quattro volte l’anno, e si evince che venivano acquistate prevalentemente tra novembre e marzo. Le folaghe acquistate erano in quantitativo molto numeroso e spesso cucinate a Natale ed a Pasqua, mentre i pesci consumati abitualmente subivano un calo di acquisti nel periodo della Quaresima. Le rane e le tartarughe erano acquistate in primavera ed assicuravano l’approvvigionamento per l’intero anno, date le enormi quantità comprate, oltre 800!!.

In altre certose vi era la presenza di laghetti e peschiere per allevare le specie palustri, onde consentirne la crescita e la riproduzione. In questo eccellente lavoro di ricostruzione effettuato, va segnalata la scarsissima presenza di animali domestici come cavalli e buoi, utilizzati per i lavori agricoli o per il trasporto. Senza trascurare anche la presenza di uno o più maiali  che consentivano e consentono tuttora all’interno delle certose lo smaltimento dei rifiuti.

Sulle tracce della certosa di Venezia

Sulle tracce della certosa di Venezia

illustrazione_certosa_venezia

Grazie al contributo filmato che segue, potremmo scorgere i recenti ritrovamenti delle tracce della certosa di Venezia. La certosa di Sant’Andrea del Lido, si trovava nella laguna centrale, ed era situata a circa duecento metri ad est di Venezia, su di un isola  con un’estensione di 253.800 metri quadrati  Nel XII secolo vi si insediarono dei monaci agostiniani che crearono un primigenio monastero. Nel 1422, con l’insediamento dei certosini, provenienti dalla certosa di Firenze, l’isola si chiamò inizialmente di “San Bruno”, ed in seguito “della certosa”. La presenza certosina sull’isola, permase fino al 1806 allorquando la certosa fu saccheggiata ed espoliata di parte delle sue ricchezze, nel 1810 Napoleone la soppresse. La comunità veneziana fu costretta ad unirsi alla certosa di Montello. Da quel momento cominciò un lento e costante degrado, l’isola venne data ai militari, che vi collocheranno una fabbrica di esplosivi e che demoliranno tutti gli edifici monastici.

Già nel 1827 la chiesa ed il convento potevano considerarsi completamente smantellati dalle truppe austriache che in quel periodo presidiavano quest’isola. Oggi come vedremo dal filmato realizzato dal TGR del Veneto, sono stati riportati alla luce le antiche strutture murarie, grazie a scavi che hanno interessato il perimetro della antica certosa.

La ricostruzione qui sopra riportata è del disegnatore Federico Toffano, a cui vanno i miei ringraziamenti.