Le pitture di Balbi nella certosa di Trisulti
Parlare del pittore napoletano Filippo Balbi è davvero cosa complessa, egli infatti fu un personaggio alquanto enigmatico che entrò in contatto con i monaci certosini nella seconda metà dell’ottocento. Proverò a farvi conoscere la sua personalità eccentrica attraverso le principali opere conservate nella certosa di Trisulti, dove lavorò tra il 1856 e il 1865. Le immagini ed una breve descrizione ci aiuteranno a comprendere o meglio, a percepire ciò che egli in maniera criptica esprimeva.
Cominciamo la carrellata partendo da un dipinto murale posto sulla lunetta del secondo portale d’ingresso. In esso sono disposte simmetricamente, al vertice, le figure della Madonna con il Bambino Gesù che regge un pezzo di pane che porge ai monaci ed agli angeli. Entrambi posti più in basso, a sinistra ed a destra, ed impegnati a dispensare pane e pesci a poveri fanciulli , i quali ricevono dai religiosi anche assistenza medica, come viene simbolicamente espresso dal monaco con un bicchiere con un infuso medicamentoso.
Il Balbi dipinse anche la grande Immacolata Concezione che ci accoglie sulla parete centrale del portico antistante la farmacia.
Ma entriamo negli ambienti destinati alla spezieria,in essi, il pittore napoletano sviluppò tutto il suo estro, difatti gli affreschi presentano curiose scene allegoriche di attraente efficacia. Tra queste il trompe l’oeil di Fra Benedetto Ricciardi, il monaco addetto alla spezieria ed amico del Balbi. La testuale descrizione del pittore dell’ambiente da lui dipinto: :” A destra di chi entra trovasi un salottino, un vero gioiello di arte. Ivi, quando vedi, è opera mia:intagli della suppellettile, ornati, disegni, dipinti, tutto. Ti raccomando poi di non levarti il cappello, com’è avvenuto a tanti altri, innanzi a quel dipinto in fondo al salottino, e che ti viene incontro sorridendo come persona viva. Egli si chiamava Fra Benedetto Ricciardi”. Effettivamente l’anziano certosino con la barba bianca sembra che esca realmente dalla porta! Una vera magia prospettica.
A conferma delle doti pittoriche di ritrattista, Balbi esegue un ritratto al fratello dispensiere da lui conosciuto nel periodo della sua permanenza in certosa. Fra Michelangelo, questo era il suo nome, appare nel dipinto con un volto rubicondo contornato da una barba bruna, mentre sorregge una brocca di rame chiaro riferimento alla sua attività nella comunità monastica.
Degli altri affreschi fortemente simbolici, e riguardanti aspetti esoterici legati alle conoscenze alchemiche dei farmacisti certosini, con i quali Filippo Balbi strinse amicizia e dai quali, presumibilmente, apprese nozioni segrete, su tutti spicca il “quadrato magico”.
Di questo vi avevo già parlato nel sito a cui vi rimando, esso serva da stimolo per le vostre ulteriori ricerche ed approfondimenti sull’argomento.
Nell’immagine iniziale abbiamo visto il pittore davanti ad una tela, mentre dipinge un’altra sua opera enigmatica: “la testa anatomica”, realizzata nel 1854 ed esposta nel 1855 all’Esposizione Universale di Parigi, oggi conservata nel Museo di Storia della Medicina dell’Università La Sapienza di Roma. Essa è la raffigurazione di un volto umano, realizzato grazie all’intreccio di corpi umani. Un vero capolavoro.
Concludo ricordando che Filippo Balbi è anche l’autore della cosiddetta finta porta (trompel’oeil) realizzato nel chiostro della certosa di Roma, con la raffigurazione di Fra Fercoldo, in una perfetta sintesi della vita certosina attraverso raffigurazioni simboliche,che, come sa chi segue questo blog è diventata un pò un icona dello stesso.
Questo articolo è solo uno spunto per ulteriori ricerche su questo artista e le sue opere, avvolte da sempre da un affascinante e misterioso alone di magia. Nel contempo vuole essere un ringraziamento ad un pittore che con passione ha realizzato importanti opere nella splendida certosa di Trisulti, e che ha saputo cogliere l’essenza della vita certosina respirandone l’atmosfera e la spiritualità in essa contenuta.
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molto interessante,il mondo certosino è sterminato
Perciò io amo chiamarlo “universo”
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