CAPITOLO 5
Il silenzio
1 Dio ci ha condotti nel deserto per parlare ai nostri cuori; ma solo chi ascolta in silenzio percepisce il soffio della brezza leggera in cui si manifesta il Signore. Sperimentando il silenzio, ne conosciamo i frutti. All’inizio ci vuole uno sforzo per tacere; ma se gli siamo fedeli, a poco a poco, dal nostro stesso silenzio nasce in noi qualcosa che ci attrae a più silenzio. È per ottenere questo che è prescritto di non parlare tra di noi senza permesso. (St 4.3; 14.1)
2 Essendo il silenzio di primaria importanza nella vita certosina, dobbiamo osservare questa regola con grande attenzione. Tuttavia, nei casi dubbi, non previsti dagli Statuti, ciascuna giudicherà con saggezza, secondo la propria coscienza e secondo le necessità, se le è concesso di parlare e fino a che punto. (St 14,3)
3 Le monache, quando saranno autorizzate a parlare, modereranno il numero e la portata delle loro parole, per rispetto dello Spirito Santo che abita in loro e per carità verso le compagne. Si può infatti credere che una conversazione prolungata inutilmente rattristi di più lo Spirito e provochi più dissipazione di poche parole, dette senza permesso ma subito interrotte. Spesso una conversazione utile all’inizio diventa rapidamente inutile e finisce per essere colpevole. (St 14,4)
4 Le monache possono parlare di ciò che è utile per il loro lavoro, ma con poche parole brevi e senza alzare la voce. (St 14.2) Riguardo alle persone che entrano nella clausura, si eviterà anche ciò che potrebbe dar luogo all’occasione di un colloquio con loro.
5 Quando più suore sono insieme, la capogruppo, e nessun altro, risponde a chi si fa avanti. (St. 14,5)
6 Quando le monache si incontrano, cedono con gentile sollecitudine e con un umile cenno del capo, poi continuano il loro cammino, tacendo. (St 14,6)
7 Nelle domeniche, nelle solennità e nei giorni di ritiro, le monache laiche osservano un silenzio più rigoroso e tengono maggiormente la cella. (St 14,7)
8 Ogni giorno, tra l’Angelus serale e l’Angelus mattutino, in tutta la casa deve regnare il silenzio assoluto e nessuno può romperlo se non per una necessità davvero urgente. Perché la notte, secondo gli esempi della Scrittura e il sentimento degli antichi monaci, è particolarmente favorevole al raccoglimento e all’incontro con Dio. (St. 14,7)
9 L’anima del solitario sia come un lago tranquillo, le cui acque sgorgano dalle più pure profondità dello spirito; nessun rumore dall’esterno viene ad agitarli e, come uno specchio limpido, riflettono l’unica immagine di Cristo. (St. 13.15)
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