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  • Memini, volat irreparabile tempus

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Silenzio certosino 15

Silence c

L’alba nascente dell’eterna chiarezza
Mi chiedi come vivere di Dio e dell’aldilà quando devi passare la vita circondato dal movimento delle cose e la tua anima troppo spesso tormentata da preoccupazioni e problemi. La risposta… è nella tua stessa vita… Quando il buon Dio un giorno ti mostrerà… quanto tu stesso tieni in questa vicinanza divina e in questa pace di essere amato da Lui e per poterlo amare, allora ti chiederai come hai potuto essere turbato e ansioso. Ma questa luce è la luce dall’alto; quaggiù ci giungono solo raggi furtivi, come quelli che filtrano da una bruma autunnale… E soffriamo, perché siamo fatti per Lumen vitae, lux aeterna… E sbagliamo perché la nebbia, la notte e l’ansia sono nel disegno divino che conduce a una grande chiarezza. Devi credere prima di vedere; devi credere per vedere; è necessario credere in Colui che vede per vedere un giorno ciò che vede e come vede. Lo voleva così. Lì trova gloria e gioia. Quello che vede solo la notte e che gli dice: “Mio Dio, non vedo niente; ma siccome mi dici che stanotte è la tua luce, io ci credo. Tutto in me mi dice il contrario; immolo questo io; ti ascolto contro di lui; Preferisco te a lui”, questo mette Dio al suo vero posto, il primo. È chiaro che questo è il grande sacrificio abneget semetipsum; perché la ragione che dice: “È notte”, è la cittadella dell’io; quando la immoli, dai tutto: Et nox illuminatio mea in deliciis meis (“Questa notte, per me, è luce di gioia”). Questa notte accolta, questa notte che la ragione chiama notte, ma che Dio chiama luce, improvvisamente illumina e diventa il raggio delizioso, l’alba nascente dell’eterna Chiarezza. Credi dunque che nel mondo, in questo mondo sconvolto in cui devi vivere, in questo mondo così privo di pace e così lontano da Dio, e nella tua anima soprattutto, nella tua anima sopraffatta dai guai, Dio c’è; Dio ama. Dio si dona, Dio effonde la sua pace alle anime di buona volontà… e tu sei una di quelle anime. Credici; non cercare di capire; non chiedere di sentire; perché credere è proprio consegnarsi a una parola senza intendere né sentire.
Credi… e questa Parola che è la Parola stessa, la Parola di Dio, ti trasforma in Lui e ti rende partecipe della sua vita.
Quindi quell’anima vive davvero
(La vita) sono pochi minuti passati insieme nell’attesa del ricongiungimento finale in patria dove manca solo un minuto… ma un minuto eterno. Sarà divertente, vero? Eppure è la vera verità e la vera vita. E potremmo, praticando poco a poco, cominciare a viverla quaggiù. Tu soprattutto, nelle tue lunghe ore di solitudine e di silenzio quando assomigli tanto a un certosino nella sua cella. È molto difficile perché è molto semplice e noi siamo molto complicati. Quindi il modo per arrivarci è semplificare… La mia idea, la mia grande idea, la mia idea che vorrei essere unico, è che tutto è pianificato, preparato, ordinato o permesso, ed eseguito ogni secondo dall’onnipotente volontà di chi ci ama. Un’anima semplice è dunque quella che, in fondo a tutto ciò che accade, sa scoprire, adorare, amare questa volontà. Una vita semplice è una vita che passa nell’unione della fede con questo amore. Notate che ci tengo molto a dire: unione di fede. Questo è ciò che confonde. Vogliamo vedere, ci piace vedere, abbiamo bisogno di vedere. Ma la fede crede e non vede. Lei crede a ciò che un altro vede. Quando avrà fatto questo durante il corso dei suoi giorni terreni, allora diventerà a sua volta una visione. Ma intanto deve affidarsi a Colui che vede e che è venuto a dirci: questa è la verità, questo è quello che c’è lassù; questo è ciò che vi aspetta e vi sarà dato se confiderete nella mia parola. Sii sicuro di te stesso. Organizza tutta la tua vita attorno a questa fiducia e la semplificherai… e inizierai, attraverso le stagioni che passano, le gioie oi dolori che si susseguono, a vivere un po’ il minuto che non passa più.
Ci saranno solo presenti
Perché è così: niente fa girare la lancetta dell’orologio come le occupazioni e le preoccupazioni. Quando hai molto da fare, non vedi più passare le ore. Ecco perché non li vedremo passare dall’altra parte. Saremo troppo occupati. Saremo così assorbiti dall’amore di Dio che non vedremo e non vorremo altro. Ma questa occupazione non sarà una preoccupazione. Non ci preoccuperemo più di cosa accadrà dopo. Non ci saranno né prima né dopo. Ci sarà solo il presente, e soddisferà tutti i nostri desideri… Tutta la difficoltà, vedi, viene dal fatto che vorremmo sentirlo, e che quaggiù dobbiamo accontentarci di crederlo; Vedremo più avanti ; sarà chiaro come il giorno. Ora è chiaro solo come la notte. Di notte dici: lì c’è un muro, è meglio non calpestarlo; ci sono delle scale un po’ più in là dove ti rompi le gambe, devi andarci passo dopo passo (e non “praticamente”). Questo muro e queste scale, non le vedi; eppure ti comporti come se li vedessi; tu hai fede e la tua fede ti conduce, nonostante il buio, attraverso ostacoli, senza impedimenti. la fede è la luce dalle tenebre della terra; mostra cosa c’è in questa oscurità, e cosa c’è è Dio che ci ama, ci chiama, e vuole che andiamo a lui non con i lumi della nostra ragione, ma con i lumi della sua stessa ragione. Poiché è molto più, infinitamente più ragionevole di noi, credere è infinitamente ragionevole. Di qui la pace di chi ha fede; da qui la grande pace di coloro che hanno una grande fede, e la pace perfetta di coloro che hanno una fede perfetta.

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Dialogo con San Bruno 12

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva sul tema dell’obbedienza.

“Sull’obbedienza”

CG – Padre S. Bruno, la nostra vita certosina, come lo sai, è costruita sull’obbedienza di Gesù. Pertanto, deve essere eseguita in obbedienza. Accade, però, che in questi tempi in cui devo vivere si parla e si scrive molto sull’obbedienza – e non sempre a suo favore. Vorrei sapere la tua opinione su questo argomento. Vuoi dirmi qualcosa su questo?

SB – Se ricordi bene, nella mia Lettera ai monaci certosini ho spiegato il mio pensiero sull’obbedienza a tutti voi e non ho nascosto la mia soddisfazione e la mia gioia nel conoscere la perfezione con cui era vissuta dai Fratelli di quella prima Comunità, alcuni dei quali ho conosciuto. Attualmente, come cittadino del Regno di coloro che con la loro obbedienza cantano la vittoria, continuo a pensare la stessa cosa. Non ignoro come, proprio perché così “flagellata”, l’obbedienza sia trattata dal vostro mondo attuale e nè ignoro la svolta spettacolare avvenuta nella concezione dell’obbedienza.

È vero, figlio, qui siamo informati che quel modo di sentire, pensare e agire secondo il quale la legge era espressione della volontà di Dio, è per molti inaccettabile e impraticabile. E sappiamo anche che si menzionano tanti fattori interni ed esterni all’ambito ecclesiale e religioso, fattori preconciliari, conciliari e postconciliari, con i quali si vuole giustificare la “rottura” di quella mentalità sull’obbedienza.

E affinché tu veda che ne siamo consapevoli – e lo siamo perché noi che siamo stati Fondatori in questo mondo, seguiamo con interesse tutto ciò che riguarda la vita religiosa, poiché resta nostro compito assicurarne la conservazione e la purezza –, so che siamo stati opportunamente informati sul tema delle rivoluzioni sociali che hanno modificato i rapporti umani; e sulla discesa delle gerarchie e l’ascesa dell’uguaglianza umana nei diritti e nei doveri; e sulle scienze antropologiche, psicologiche e sociali che rendono più viva la coscienza del valore dell’uomo; e sulle nuove chiavi ermeneutiche per vivere i tuoi voti; e sul passaggio dal sistema oligarchico a quello democratico, dall’extero-tipizzazione (modelli esterni) alla rilevanza della soggettività, e dall’eteronomia all’autonomia…

Come vedi, anche in Paradiso siamo informati delle cose della terra: tanti cambiamenti, tante alterazioni, tante nuove parole…; ma «la parola del Signore è per sempre» (Sal 118,89).

E, come puoi immaginare, il tuo Padre e Fondatore continua a pensare all’obbedienza alla luce di quel “Verbo” “per mezzo del quale tutto è stato fatto” e che, nonostante ciò, “si è fatto obbediente fino alla morte, fino alla morte di croce”. E se sei in grado di ricevere la confidenza di un padre, ti dirò che non desidero altro che i miei figli continuino a vivere l’obbedienza nello stesso modo in cui gli ho insegnati e che non prestino attenzione a nessuna delle nuove dottrine sull’obbedienza, se non sono conformi all’obbedienza di Cristo e della Chiesa.

Tornando dunque al punto di partenza, ti ho detto che ero profondamente contento dell’obbedienza dei miei monaci, perché vedevo in essa una manifestazione gentile della misericordia di Dio sulle loro anime. Infatti l’obbedienza, come perfetta imitazione di Cristo obbediente, come sua continuazione nel mondo, non è solo opera dell’uomo; è soprattutto opera di Dio nel cuore di quell’uomo che si è donato al suo amore; è una grazia concessa a coloro che sinceramente lo amano, lo servono e lo cercano.

Sì, un’opera di Dio. Perciò vi ho detto: “L’anima mia esalta il Signore, perché ha visto la grandezza della sua misericordia verso di voi…Mi rallegro che, essendo privi della conoscenza delle lettere, il potente Dio incide con la sua mano sui vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Con le vostre opere dimostrate ciò che amate e ciò che conoscete, quando praticate con ogni diligenza e cura la vera obbedienza, che consiste nell’eseguire i precetti di Dio ed è la chiave e il sigillo di ogni disciplina spirituale…È chiaro così che raccogliete il frutto l’infinitamente dolce e vitale di ciò che Dio scrive in voi” (Lettera ai monaci).

Così, quei monaci della prima Certosa manifestarono il compimento della parola del Signore: «Metterò la mia legge nei loro animo e la scriverò nei loro cuori» (Ger 31,33).

Ho voluto accennarvi non solo la legge ma anche la forza della legge, l’amore: “Amore e conoscenza della sua santa Legge”, che lo Spirito Santo ha scritto nel cuore di coloro che non sapevano né leggere né scrivere.

CG – Cosa gli volevi dire con quello?

SB – Semplicemente, per comunicarvi la mia intima persuasione che la vera obbedienza, manifestata attraverso le opere, può scaturire solo da un cuore formato, animato dall’amore di Dio e da esso guidato.

Perché è opera del Dio che abita nei cuori, “il frutto dell’obbedienza è infinitamente dolce e vitale”. Dolce perché l’amore rende dolce tutto ciò che si fa per amore; Vitale perché l’amore infonde vigore e vita in tutto ciò che fa, in tutto ciò che tocca. “Mettete amore dove non c’è amore e attingerete amore da tutto”, vi ha detto Giovanni della Croce.

Schiavitù d’amore

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Oggi, voglio offrirvi una meditazione del certosino Dom Louis Marie Baudin, che come vi ho già illustrato, era particolarmente devoto alla Vergine Maria. Meditiamo le sue parole. Il dipinto raffigurato è stato realizzato dall’amico, noto per essere il “pittore dei certosini”.

Schiavitù d’amore

La devozione alla Santa Madre di Dio e tanto antica quanto la Chiesa e, si potrebbe anche dire, vecchia quanto l’umanità, perché fin dalle origini del mondo gli uomini hanno diretto i loro sguardi verso la Vergine promessa che doveva generare il Salvatore. Tale culto, tuttavia, ha rivestito nel corso dei secoli forme diverse, più o meno gloriose per Maria, è più o meno santificanti per le anime. Ma sul punto dell’importanza di queste forme, la luce completa doveva farsi P

per opera dello Spirito Santo. Essa si è fatta poco a poco; ed è stato riservato a un grande apostolo del secolo diciassettesimo di rivelare pienamente i desideri del cielo a questo riguardo: S. Grignion de Montfort. E Gli scriveva un giorno:

” Anima predestinata ecco il segreto che l’Altissimo mi ha insegnato e che non ho potuto trovare in nessun libro antico o nuovo ;io te lo confido nello Spirito Santo (Il segreto di Maria). Questo segreto consiste, tutti lo sappiamo, nel farsi schiavi d’amore di Gesù in Maria, nell’affidarsi interamente, con tutto ciò che si è e si ha alla Vergine Santissima, Regina dei cuori, per meglio appartenere a nostro Signore, Re sovrano.

Che fare per rispondere a questa chiamata?

Applichiamoci a vivere in una abituale dipendenza dalla nostra Regina, offrendole tutti i nostri atti interni ed esterni. Questa regalità di Maria, che il Montfort mette particolarmente in luce e che egli vuole vedere onorata e servita dagli schiavi d’amore, è il mezzo per eccellenza di glorificare la regalità di Cristo. Dal momento che, in forza della nostra santa schiavitù, ogni cosa in due è diventata veramente proprietà di Maria, tutto quelllo che ella presenterà poi a Gesù, pur provenendo da noi, appartiene pienamente a lei; e così Gesù direttamente glorificato da Maria, ottiene tutta la sua gloria.

(Meditations Cartusienne)

Silenzio certosino 14

Silence c

La gioia di donarsi
Questa è vita. Bisogna prenderla così com’è, ed è prendendola così, è dedicandosi e donandosi fino alla morte che si trova, anche quaggiù, la gioia più grande. È la legge, non la cambieremo.
La preghiera che si fa quasi ovunque e sempre
Abituati alla preghiera che si fa quasi ovunque e sempre. Non è solo nella chiesa che il buon Dio è a nostra disposizione. Egli dimora nel profondo del nostro cuore come in un tabernacolo, purché siamo in stato di grazia. Ma sfortunatamente! quante volte è lì solo e dimenticato! Se fossimo trattati così, noi!
Preghiera: formule brevi ma ferventi
La sorgente è inesauribile: è il Cuore infinito che ama sempre e per sempre, che ama fino alla morte. Chiede solo di diffondere il suo amore ei suoi tesori; Dice: “Chiedete e vi sarà dato”. E se chiediamo beni sul cui valore ci sbagliamo (il che è molto frequente), Egli ripara i nostri errori rifiutandoli e dandoci molto meglio. Andiamo! Si capisce che d’ora in poi busseremo spesso a questa porta divina?… Sapete! Sono essenziali formule brevi ma fervide. Due o tre volte alla settimana dite solo “Padre nostro” e “Ave Maria”, mattina e sera, ma lentamente, riflettendo su ogni parola e guardando dentro di voi con chi state parlando e chi vi ascolta e chi vi ascolta e chi vi ama . Invita tutti intorno a te a fare lo stesso.
È così semplice e così veloce
Fai molto da solo. La preghiera è l’occupazione più alta quaggiù. Quando il tempo è poco, preghiamo mentre facciamo altro: un pensiero verso il Cielo o verso il tabernacolo, un movimento del cuore, è così semplice e così veloce!
Case di silenzio e vera contemplazione
Poiché siete disposti ad interessarvi del nostro Ordine, posso almeno assicurarvi che, nonostante le piccole miserie insite nella natura umana, le nostre case rimangono paradisi di preghiera e di vera meditazione. Non siamo né eroi né santi come credono le anime alte che riversano su di noi la ricchezza ideale della loro vita interiore. Ma nemmeno siamo pigri e inutili. Animiamo i nostri servizi ei nostri esercizi con un vero sentimento di amore e il desiderio di dedicare a Lui la nostra vita.

Meditando sull’Ascensione

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Polittico Certosa di Abbeville (1485)

Oggi in occasione della festa dell’ Ascensione, quest’anno ho scelto per voi una meditazione estratta da “Vita Christi” di Dom Ludolfo di Sassonia.

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio. (Luca 24:50-53).

L’Ascensione del Signore era prefigurata nella scala di Giacobbe, che da un lato toccava la terra e dall’altro il cielo, e su di essa salivano e scendevano gli angeli. In questo modo Cristo è disceso dal cielo ed è risorto quando ha voluto visitare di nuovo le cose celesti e terrene. Era giusto che il mediatore tra Dio e gli uomini fosse Dio e l’uomo, altrimenti non avrebbe potuto ristabilire la pace tra Dio e l’uomo. Dio è l’altissimo e l’uomo è l’infimo; perciò Cristo ha fatto ricorso alla scala tra il cielo e la terra. Gli angeli scendono attraverso di essa, portandoci la grazia, e risorgono, portando le nostre anime in paradiso. Cristo ha anche indicato l’Ascensione quando ha predicato la parabola di una pecora, tra cento, smarrita e ritrovata. C’è una pecora smarrita, quando trasgrediamo un comandamento di Dio; Dio lasciò i novantanove, cioè i nove cori degli Angeli in cielo, e venne in questo mondo, per trentatré anni a cercare l’uomo perduto. Ma una volta trovato, la pecora lo portò sulle sue spalle, e lo portò, quando portò la croce per i nostri peccati; ha invitato i suoi amici a congratularsi con lui quando è salito con l’uomo e ha reso felice l’intera corte celeste. Anche l’Ascensione del Signore era prefigurata nella traduzione di Elia. Elia predicò la Legge di Dio in Giudea e rimproverò coraggiosamente coloro che la trasgredivano, così subì una grande persecuzione da parte dei Giudei, ma davanti a Dio meritò di essere portato in paradiso. Così, Cristo insegnò la via della verità in Giudea e per questo subì molte persecuzioni da parte dei giudei: «Dio, a sua volta, lo ha innalzato al di sopra di tutto», al di sopra di tutti i cieli, «e gli ha dato un nome al di sopra di ogni nome», eccetera. (Fil 2,9); poiché “Non doveva il Messia soffrire queste cose, per poter entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26); È quindi molto meglio per noi soffrire le sofferenze di questo mondo per la vita eterna. (Libro 2, cap. 82, n.20.Vita Christi)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 60)

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Termina oggi, con l’ultimo capitolo degli “Statuti delle monache dell’Ordine Certosino” questo percorso cominciato nel dicembre del 2021. Nella speranza di avervi offerto così, un’ampia testimonianza della regola del ramo femminile dell’Ordine certosino.

CAPITOLO 60

I voti

Poiché siamo membra gli uni degli altri, è giusto che ci assumiamo, nella preghiera, i fardelli dei nostri simili. (riepilogo persone per le quali assolviamo voti):
Per i nostri superiori
Per il Papa
Per il Rev.do Padre Priore di Chartreuse, Ministro Generale dell’Ordine e nostro Pastore comune

Per il Procuratore Generale
Per i Visitatori,
Per la priora
Per le nostre famiglie ei nostri benefattori al momento della morte
Per la Chiesa universale e per l’Ordine

Dopo la Pentecoste, in ogni casa dell’Ordine, si celebrano in comunità le seguenti Messe dello Spirito Santo:
Per il Papa, nostro Santo Padre in Cristo

Per l’unità del nostro Ordine.

Chiedere aiuto al cielo perché tutti gli uomini siano uniti nell’unica Chiesa di Cristo. Per la pace e la tranquillità di tutti i paesi e per coloro che li guidano.

Per coloro che governano il paese dove si trova ciascuna casa dell’Ordine. (St 65,18)

Per il vescovo di ciascuna casa.

Per i membri dell’Ordine che si trovano in pericolo spirituale o corporale, per ottenere la loro consolazione.

Per tutti i nostri benefattori, le nostre famiglie, le persone raccomandate alla nostra preghiera e gli amici di tutto il popolo dell’Ordine, nonché per coloro verso i quali abbiamo degli obblighi. (St 65,19)

Altri voti per il defunto
Dopo la solennità di Pentecoste, in tutte le case dell’Ordine, vengono dimessi due Trinari generali: – uno per tutti i defunti del purgatorio – l’altro per i nostri parenti e benefattori, per i raccomandati alla nostra preghiera, per gli amici di tutti le persone dell’Ordine, per coloro che hanno ricevuto la partecipazione ai suffragi dell’Ordine e coloro verso i quali abbiamo degli obblighi.
Assolviamo così molti suffragi a determinate persone, ma crediamo che tutte le nostre preghiere, per la misericordia del Signore, siano utili soprattutto alla Chiesa universale, a lode della gloria di Dio. (St 65,25)

Silenzio certosino 13

Silence c

Il nodo centrale della nostra vita
Il disordine successivo ad una colpa è una seconda colpa che si aggiunge alla prima e che è più grave della prima. Fu san Francesco di Sales a fare questa osservazione: lo capì. Ed ecco il motivo: una colpa va contro una virtù o un comandamento. La sventura va contro il comandamento di tutti i comandamenti, e contro la virtù che è regina di tutte le altre: va contro la carità; va contro la fede all’amore. Un’anima travagliata è un’anima che non crede veramente nell’amore. Ma la fede nell’amore sì promette di vita eterna: qui credit in me habet vitam aeternam. Questo è il nodo centrale della nostra vita. Intorno a questo punto unificheremo tutti i pensieri della nostra mente, tutti i sentimenti del nostro cuore, tutti gli atti dei nostri giorni. Secondo la tua parola, che è molto giusta e molto bella: li armonizzeremo. Ne faremo un’armonia. La vita di fede, infatti, è essenzialmente armonica e ordinata. Può essere riempito con vari movimenti e attività; lei è sempre una. Ha Dio per principio e termine, e partecipa di questa unità. I vari elementi sono la materia di cui è fatta la vita, ma non sono la vita. La vita è il principio segreto che anima, ordina, dirige e unifica tutti questi elementi. Per l’anima di vera fede, questo principio è lo spirito santo.
Il nostro indispensabile Signore
Nostro Signore è indispensabile per condurre l’anima alle vette supreme del vero abbandono che è la vetta suprema dell’unione con Dio. Senza di Lui possiamo stare davanti a un Maestro. L’unione con Dio esige che ci troviamo di fronte a un Padre. Ed è Gesù, il Figlio fatto uomo, che ci mette lì… Pregate bene per i poveri che sempre più perdono la testa e vanno verso l’abisso. Ma il buon Dio lo sta aspettando sullo sfondo.
La gioia di “passare”
Non vi chiedo se siete nella gioia pasquale. Io so chi sei. Ma spero che sempre di più assaggerete la dolcezza che troppo spesso nasconde. È la gioia di passare «da questo mondo al Padre suo». Ha la sua sorgente nella luce che ci mostra Dio e la sua volontà di amare in tutte le cose. Di fronte a queste cose che passano, non ci fermiamo alla superficie mobile che muta, andiamo al fondo immobile che rimane: Dio e il suo amore di Padre. Quindi troviamo dolce “passare”.
Gli piace che ci diamo così come siamo
Il fiat che Dio ci chiede quando soffriamo non è il fiat dell’insensibilità, ma il fiat della sofferenza. Dagli il tuo cuore sanguinante finché sanguina; allora glielo darai placato quando sarà giunta la pacificazione. Perché ama che ci diamo come siamo; e se ci sono rettifiche da fare, le farà perché ci saremo dati noi stessi.

Lettera di Santa Caterina da Siena a Dom Guglielmo Priore Generale dell’Ordine della Certosa

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Cari amici, nel precedente articolo riguardante il Padre Priore Generale Dom Guillaume Raynaldi, vi ho menzionato una lettera da lui ricevuta da Santa Caterina da Siena. Molte furono le missive che la santa inviò ai certosini, come vi ho in passato testimoniato da questo blog. A seguire il testo dell’epistola numero LV.

LV

Al venerabile religioso Dom Guglielmo Priore Generale dell’Ordine della Certosa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue del Figliuolo di Dio: considerando io che la memoria quando s’empie del sangue di Cristo crocifisso, incontinente lo intelletto si volge aragguardare in essa memoria; dove egli trova il sangue, vedevi il fuoco della divina carità, amore inestimabile, intriso ed impastato col sangue; perocchè per amore fu sparto e donato a noi. La volontà va subito dietro allo intelletto, amando e desiderando quello che l’occhio dell’intelletto ha veduto; e però subito leva l’affetto e l’amore suo nell’amore di Cristo crocifisso, il quale amore trova nel sangue, come detto è. Allora l’anima s’annega in esso sangue, cioè che annega e uccide ogni sua perversa volontà sensitiva, la quale ribella spesso al suo creatore, e ogni amore proprio di sè medesimo gitta fuore di sè, e vestesi dell’eterna volontà di Dio; la quale volontà l’anima ha gustata e trovata nel sangue. Perocchè il sangue gli rappresenta che Dio non vuole altro che la sua santificazione: chè se egli avesse voluto altro, non arebbe Dio datoci il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo.

E però vede bene, che ciò che Dio permette in questa vita all’uomo, non permette per altro fine. Ogni cosa che ha essere, vede che procede da Dio: e però neuna cosa che addiviene, nè tribolazioni nè tentazioni nè ingiurie nè strazii nè villanie, nè di veruna altra cosa che addivenire gli potesse, non si può nè vuole turbare; ma è contenta, ed halle in grande riverenzia, considerando che le vengono da Dio, e date sono a noi per grazia di bene, per amore e non per odio. Adunque non si può lagnare nè dee lagnarsi, perché si lagnerebbe del suo bene proprio; la qual cosa non è costume dell’anima vestita della dolce volontà di Dio, di lagnarsi di veruna cosa che addivenire gli potesse, se non solo della offesa di Dio. Diquesto si duole e dee dolere, perché vede che è contra alla sua volontà. E però il peccato è degno d’odio, perché non è da Dio, e però non è niente. Ogni altra cosa che in sè ha essere, è da Dio; e però l’anima innamorata di Cristo l’ama ed ha im reverenzia. Quest’anima non vede sè per sè, ma vede sè per Dio, e Dio per Dio, inquanto è somma ed eterna bontà, degno d’essere amato; ed il prossimo per Dio e non per propria utilità. Questa non elegge il tempo nè stato a suo modo, nè fadiga nè consolazione; ma secondo che piace alla divina Bontà, riceve con affetto d’amore. In ogni cosa trova diletto; perché colui che ama, non puo trovare pena affliggitiva.

Nelle battaglie gode; se egli è perseguitato dal mondo, egli si rallegra; se egli è suddito, con grande allegrezza e pazienzia porta il giogo della obedienzia; se egli è prelato, con pazienzia porta e sopporta i difetti de’ suoi sudditi, cioè ogni persecuzione che ricevesse o ingratitudine che trovasse in loro verso di sè. Disponsi alla morte per divellere le spine de’ vizi, siccome buono ortolano; e piantare le virtù nell’anime loro, facendo giustizia realmente, condita con misericordia. Non si cura della pena sua, non schifa labore, ma con grande letizia porta. Non vuole perdere il tempo che egli ha, per quello che non ha; perché alcuna volta vengono cotali cogitazioni e battaglie nel cuore.

Se tu non avessi questa angoscia e fadiga della prelazione, potresti meglio avere Dio nella pace e quiete tua. E questo fa il dimonio, di ponergli innanzi, al tempo della pace, per farlo stare in continua guerra. Chè colui che non pacifica la volontà sua nello stato che Dio gli ha dato, sta sempre in pena, ed è incomportabile a sè medesimo: e così perde l’uno tempo e l’altro; che non esercita il tempo della prelazione, e quello della quiete non ha; e così abbandona il presente e l’avvenire. Non è adunque da credere alla malizia sua; ma è da pigliare quello che egli ha, vigorosamente; siccome fa l’anima vestita della volontà di Dio detta di sopra, che fa navigare in ogni tempo; così nel tempo della fadiga come in quello della consolazione: perché egli è spogliato dell’amore proprio di sè medesimo e d’ogni tenerezza e passione sensitiva, onde procede ogni male e ogni pena. Chè avere quello che l’uomo non vuole, è una via onde esce la pena. E, vestito della eterna volontà di Dio e non della sua, èssi fatto una cosa con lui; per affetto d’amore è fatto giudice della eterna volontà di Dio, vedendo, giudicando e tenendo, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione. E però ci creò alla imagine e similitudine sua, perché fussimo santificati in Lui, godendo e gustando l’eterna sua visione; avendolo veduto e cognosciuto coll’occhio dell’intelletto nel sangue di Cristo crocifissoche fu quello mezzo che ci manifestò la verità del Padre eterno. O glorioso sangue che dài vita, che lo invisibile ci hai fatto visibile; manifestato ci hai la divina misericordia, lavando il peccato della disobedienzia con la obedienzia del Verbo, ond’è uscito il sangue.

Orsù, per l’amore di Cristo, bagnatevi, bagnatevi (e state in continua vigilia ed orazione, carissimo padre, vegliando con l’occhio dell’intelletto) nel sangue. Allora veglierà (per fame e sollicitudine dell’onore di Dio e salute delle anime) sopra i sudditi vostri. A questo modo arete la continua orazione, cioè il continuo santo desiderio. Questo vi è necessario a voi per conservare la salute vostra nello stato che voi sete. Poichè Dio v’ha posto nello stato della prelazione, non vi conviene essere negligente nè timoroso; nè ignorante, andare con gli occhi chiusi. Però vi prego che siate affamato, imparando dall’Agnello svenato e consumato per voi, che con tanto diletto e fame dell’onore del padre e salute nostra, corse all’obbrobriosa morte della croce. Avete Subietto dunque: chè Dio v’ha rappresentato e posto dinanzi il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo, e il sangue, per tôrre ogni timore e negligenzia e cechità d’ignoranzia. E se voi dite: «io sono ignorante e non cognosco bene me, non tanto che quello che io ho a fare per. li sudditi»; E e io vi rispondo che, avendo fame dell’onore di Dio, quello che voi non aveste per voi, Dio adopererà in voi quello che bisognerà per la salute delli sudditi vostri.

Abbiate pure fame e desiderio. E non veggo però, che questa fame si possa avere senza il mezzo del sangue: e però vi dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso. Perché nel sangue si perde l’amore della vita propria, di quello amore perverso che l’uomo ha a sè medesimo; il quale amore non lassa fare giustizia, per timore di non perdere lo stato, oper condescendere e piacere più agli uomini che a Dio; non lassa fare i prelati secondo la volontà di Dio. Nè a buona coscienzia; ma secondo i piaceri e pareri umani si fanno; che è quella cosa che ha guastato e guasta l’ordine. Come è di non correggere e di fare i prelati non corretti, ma incorretti e indiscreti. Chè il cattivo prelato guasta i sudditi, siccome il buono gli racconcia. E tutto questo procede dall’amore proprio di sè. Nel sangue di Cristo si perde questo amore; e acquistasi uno amore ineffabile, vedendo che per amore ci ha data la vita per ricomperare questo figliuolo adottivo dell’umana generazione. Quando si vede tanto amore, con l’amore trae l’amore, levando l’affetto e il desiderio suo ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch’egli odia. E perché vede che sommamente Dio ama la sua creatura che ha in sè ragione, però l’anima concepe uno amore nella salute delle anime; che non pare che se ne possa saziare. Odia i vizi e i peccati, perché non sono in Dio; ed ama le virtù in loro per onore di Dio. Per questo ne perde la negligenzia e diventa sollecito; e perde l’amore del corpo suo, e vuolsi dare a mille morti, se tanto bisogna. Perde la cechità, e ha riavuto il lume, perché s’è tolta la nuvola dell’amore proprio, e posto il sole dell’amore divino della ardentissima carità, il quale gli ha consumato in sè ogni ignoranzia. E tutto questo ha tratto dal sangue.

O glorioso e prezioso sangue dell’umile e immacolato Agnello! Or qual sarà quello ignorante e duro che non pigli il vasello del cuore, e con affetto d’amore non vada al costato di Cristo crocifisso, il quale tiene e versa l’abbondazia del sangue? Dentro in sè troviamo Dio, cioè, la natura divina unita con la natura umana; troviamo il fuoco dell’amore che per l’apritura del lato ci manifesta il secreto del cuore, mostrando che con quelle pene finite non poteva tanto amore mostrare, quanto il desiderio e la volontà sua era maggiore, perché non era comparazione della pena finita sua all’amore infinito. Or non tardiamo più, carissimo padre; ma con perfetta sollecitudine, questo punto del tempo che Dio v’ha serbato, e specialmente ora che ne viene il tempo del Capitolo, dove si veggono più i difetti, siate sollicito a punirli; acciocchè il membro corrotto e guasto non guasti il sano; facendone giustizia sempre con misericordia. E non vi movete leggermente; ma vogliate cercare e investigare la verità per persone discrete e di buona coscienzia. E sempre quello che avete a fare, fate col consiglio divino, cioèper la santa orazione; e poi col consiglio umano, che è pure divino, dei buoni e cari servi di Dio. E sempre vogliate vederveli dallato, che sieno specchio di religione. E sopra tutte le altre cose che io vi prego che attendiate,si è, di fare buoni priori, che sieno persone virtuose e atte a reggere. Chè sono molti che sono buoni in loro, e non sono buoni a governare: e cossì guastano le religioni; e per lo contrario si racconciano. Quando trovate de’ buoni, conservateli. Non timore, per l’amore di Cristo crocifisso! Son certa che se voi vi bagnerete nel sangue suo per affetto d’amore e annegheretevi dentro ogni propria volontà consumandola nella eterna volontà di Dio, la quale troverete nel sangue; voi farete questo ed ogni altra cosa che bisognerà, per voi e per loro.

Altro non dico. Perdonate alla mia ignoranzia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Silenzio certosino 12

Silence c

Devi amare ciò che rimane
L’intelligente e il felice sono gli unici che non vengono coinvolti nel processo. Per loro, nessun crepacuore. Il movimento in avanti gli si addice, perché vogliono solo la fine. Gli altri sono sempre presi da qualche indumento, ed è il loro cuore che è questo indumento. Quindi è la rottura perpetua. Ciò non significa che non dovresti amare nulla. No: bisogna amare e amare tanto, ma bisogna amare quel che resta e bisogna amare in vista del ricongiungimento nel paese dove si vive.
Cammina sulle orme di Dio
Mi congratulo con te per esserti interessato a tutte queste domande. Li studiamo a lungo prima di realizzarli. Ma (almeno per noi) difficilmente ce ne rendiamo conto senza averle studiate. Lo studio rivela che li amiamo… e quando li amiamo, il buon Dio dona prima o poi di viverli. Ricorda “prima o poi”. Non abbiate fretta. La strada per andare veloci, in questi ambiti della vita, è andare piano… o meglio, andare al passo di Dio, che lui stesso non ha fretta. La vita è un viaggio. Se camminiamo, se siamo in movimento, va tutto bene. Ciò che il buon Dio non sopporta e ciò che è davvero intollerabile sono le anime ferme, o perché inerti per natura, o perché convinte di aver raggiunto la vetta oltre la quale non c’è nulla.
La vita, un’ascesa in alto, non un riposo in alto
Un giorno probabilmente sarai sorpreso e saremo tutti lì che le tue ore meritorie erano quelle in cui pensavi di non fare niente di buono. Immaginiamo troppo che, per essere virtuosi, non dobbiamo più soffrire o lasciarlo vedere. Quella, vedi, è la cima della montagna. I grandi santi ci sono arrivati… non in un giorno. Ma noi non siamo i grandi santi… E anche loro avevano e si prendevano il diritto di lamentarsi; Nostro Signore il primo ha dato l’esempio durante la sua agonia. Nessuno si sogna di incolparlo per questo. Quando siamo schiacciati dalla sofferenza, quando la testa è in fiamme, i muscoli del viso tesi, tutto il corpo come se soffrisse, non sempre arriviamo a un sorriso aggraziato e a una parola gentile. Cosa fare allora? Prendere questa impotenza come si prende la nevralgia; accetta questa seconda croce come la prima, perché è una e non una colpa ed è talvolta la più pesante. E poi esercitarsi in questo modo, nell’impotenza e nelle croci quotidiane, a scalare la vetta, ricordando che la vita è un’ascesa verso l’alto, e non un riposo sull’alto. Quindi non dispiacerti se senti il dolore e se ti colpisce, e se ti gela il sorriso sulle labbra dove vorresti allargarlo.
Vai alla fine di questa parola: “Caritas”
Immagino quanto queste prove a cui ti riferisci debbano aver influenzato la tua sensibilità naturalmente vibrante. Ma sono contento di vedere come la tua ragione li apprezza con calma e giustizia. Sono particolarmente lieto di constatare quanto la tua anima, che è quasi naturalmente soprannaturale, sappia riconoscere in essa la volontà sempre buona e amorosa, e adorarla e amarla. Questa è la grazia essenziale. Solo lo spirito santo, presente in un’anima, può dare questa superiore chiarezza. Di fronte a questa chiarezza e al fiat voluntas che ti fa pronunciare, la tua miseria spirituale è nulla. Diventa un mezzo di santificazione. si deve dire di esso come di tutti gli altri dolori: fiat voluntas, e si riveste, come tutto ciò che offriamo a Dio, della bellezza e grandezza di Dio stesso. Quante volte hai letto questo nei tuoi due grandi amici: san Paolo e sant’Agostino. È la base della loro dottrina, come è la base del Vangelo, perché è la base stessa di Dio che è caritas. Il tuo unico errore è avere paura di applicare questo insegnamento a te stesso. Tu sai che nel nostro rapporto con Dio, la grande (e quasi l’unica) paura che dobbiamo avere è avere paura. Non sappiamo come arrivare alla fine di questa parola Caritas che è appunto interminabile. Nelle tue meditazioni solitarie… scava in questo specifico nome di Dio. Vedete in lui un bisogno di donarsi così com’è, cioè di amare, di donarsi. Non può né volere né fare altro. Questo, dunque, è ciò che ha voluto e ha fatto nelle tue recenti prove: ed è questo che riconosci quando gli dici: Fiat voluntas tua. Ed è questo infine il motivo per cui una tale preghiera copre la moltitudine delle nostre colpe e delle nostre miserie.

Dom Guillaume de Raynald

per priori generali

Ecco per voi un’altra biografia di un Priore Generale.

Dom Guillaume de Raynald, che alcuni autori scrivono di Raynaud o Raynaldi, era originario dell’Alvernia. Fece la Professione alla Grande Chartreuse e governò il Monastero di Valbonne quando fu elevato alla Casa Generalizia. Questo Santo Religioso si preoccupò di mantenere la regolarità nel suo Ordine. A questo scopo fece, nel 1368, una nuova Raccolta degli Statuti, conosciuta sotto il nome di Nova Statuta. Questa raccolta contiene le Ordinazioni decretate dai Capitoli generali dopo la pubblicazione dei vecchi Statuti. Dom Guillaume sottopose il presente Regolamento al Sommo Pontefice Urbano V, nipote dell’ex Generale Dom Hélisaire de Grimoard. Questo Papa, trovando la vita dei certosini troppo austera voleva portare qualche sollievo, ma Guillaume de Raynald ritenne di dover rifiutare tutte le dispense che il Sommo Pontefice voleva concedere per affetto verso i certosini. Fu Dom Jean de la Neuville, Priore del Convento di Avignone, che, inviato da Urbano V, pregò questo Pontefice di non cambiare nulla nelle Osservanze e Costituzioni dell’Ordine. Sotto il governo di Dom Guillaume, un incendio distrusse quasi tutto il monastero. Le celle, la chiesa, il chiostro e gli edifici principali caddero preda delle fiamme. Il Generale, vedendo che la Casa non poteva essere salvata, si adoperò per salvare dall’incendio i numerosi manoscritti che costituivano la biblioteca del Convento. “Ai libri, fratelli miei, gridò, salvate i libri!“. Per i Solitaires de Chartreuse, i manoscritti erano considerati il loro tesoro più prezioso. Molti, tuttavia, sono stati bruciati nelle celle. Papa Gregorio XI, che era succeduto ad Urbano V ed aveva ereditato il suo affetto per i Certosini, venuto a conoscenza di questa disgrazia, inviò immediatamente a Guillaume de Raynald una somma abbastanza considerevole per aiutarlo a ricostruire il Monastero. Questo nobile esempio fu seguito dai Re di Francia, Navarra e Inghilterra, e da un gran numero di Cardinali, Principi, Vescovi e Signori. Grazie a questa generosità, Dom Guillaume ha potuto iniziare i lavori di ricostruzione. L’impresa fu notevole, poiché la Grande Chartreuse, divenuta capo dell’Ordine delle centocinquanta Case, aveva bisogno di grandi edifici per ospitare i Priori e il loro seguito al momento del Capitolo Generale. Era stato fatto appello alle varie Certose, ma un’Ordinanza del Capitolo del 1378 precisa che non se ne tenne abbastanza conto; per questo incaricò i Padri Visitatori di stabilire una tassa in relazione allo stato del reddito di ciascuna Casa. Essendo queste risorse ancora insufficienti, Dom Guillaume vide la necessità di mandare dei Religiosi a mendicare in Francia, in Inghilterra, in Germania e nell’Alta Italia. Grazie a queste elemosine il Generale poté ricostruire il Monastero in migliori condizioni di solidità. Dom de Raynald, sopravvissuto a papa Urbano V, morto nel 1370, ed a papa Gregorio XI, morto nel 1378, ebbe il dolore di vedere lo scisma dilaniare la Chiesa e gettare la divisione nel suo Ordine. A seguito di una seconda elezione che, secondo certe apparenze, potrebbe apparire legittima, si trovarono alla presenza due Papi, Clemente VII, ad Avignone e Urbano VI, a Roma. Quest’ultimo fu riconosciuto capo della Chiesa dai certosini italiani e tedeschi; mentre gli altri si sottomisero a Clemente VII che ritenevano legittimamente eletto. I dissidenti, sotto l’influsso del Papa, avendo rifiutato di riconoscere dom Guillaume come loro Generale, Urbano VI nominò d’ufficio, nel 1379, Dom Jean de Bari, Priore della Certosa di Trisulti, Superiore con il titolo di Visitatore Generale. Pochi anni dopo, nel 138Î, questo Religioso fu eletto Generale in un Capitolo che i Priori della sua obbedienza tennero nella città di Roma. Di conseguenza Dom de Bari stabilisce, nella Certosa di Firenze, la sede della parte dell’Ordine che gli era soggetta. I Certosini dell’obbedienza di Urbano VI tenevano, ogni anno, il loro Capitolo Generale in diversi Monasteri, a Roma, a Mauerbach in Austria, a Bologna e in altre Certose. Ma nel 1391, decisero di tenere in futuro questo Capitolo nel Monastero di Val-Saint-Jean-Baptiste de Seitz, nella diocesi di Aquiléja, nella provincia di Cilly: essendo questa Casa la più antica di quelle che riconoscevano, come Sommo Pontefice, Bonifacio IX successore di Urbano VI. Morto Dom Jean de Bari, i Certosini della sua obbedienza nominarono in sua sostituzione Dom Chrystophe de Maggiano, con il titolo di Vicario Generale. Al Capitolo dell’anno seguente lo elessero Generale. Dom Chrystophe, che risiedeva a Seitz, mantenne questa posizione fino alla sua morte nel 13981. Allora i Religiosi di Seitz, avvalendosi degli stessi diritti dei Solitari del Deserto di Chartreuse, elessero essi stessi il loro Generale e scelsero per ricoprire questo posto un santo Religioso di nome Etienne Maconi, Priore della Certosa di Milano e già segretario di Santa Caterina da Siena. Durante questi eventi, i Certosini francesi e spagnoli, così come i conventi che avevano riconosciuto Clemente VII, rimasero soggetti a Dom Guillaume de Raynald. Questo Generale, nonostante i suoi passi, le sue lettere e le sue preghiere, non ebbe la consolazione, prima di morire, di vedere la fine dello scisma e il ritorno alla sua obbedienza dei certosini dissidenti. Si mise in contatto con Dom Etienne Maconi e abbiamo una sua lettera al suo concorrente, in cui tratta della necessità dell’unione nell’Ordine (1402). Nello stesso anno, anche Dom Maconi aveva scritto su questo argomento ai religiosi della Grande Chartreuse. In mezzo ai dolori che affliggevano il venerabile Generale, la Provvidenza gli aveva risparmiato dolci consolazioni; l’Ordine si era arricchito di quarantatré nuove fondazioni. Il Reverendo Padre Dom Guillaume si vedeva, verso la fine dei suoi giorni, sul punto di elevarsi all’apice della grandezza. La sua cultura e le sue virtù furono così brillanti che alla morte di Clemente VII, un certo numero di Cardinali vollero elevarlo al Sovrano Pontificato. Il suo nome ha raccolto undici voti su ventisei al primo scrutinio, ma il cardinale Pierre de Lune, con i suoi intrighi, ha fatto fallire questa candidatura ed è stato eletto lui stesso (Benedetto XIII). Lo storico anonimo della Grande Chartreuse ci informa, secondo il Vêtus chronicon majoris, che l’eletto Pontefice volle almeno onorare di porpora il suo concorrente. Al rifiuto di Dom Guillaume, il Papa ha insistito, incalzato, anche minacciato, ma l’umile certosino ha sempre risposto: Alla mia età non è la porpora che mi serve, ma un sudario. La fama di santità del venerabile Generale si era diffusa in lungo e in largo, e in mezzo alle gravi vicende in cui si trovò coinvolto, i personaggi più eminenti dell’epoca erano in contatto con lui. Abbiamo anche una lettera di Santa Caterina da Siena a Dom Guillaume, ma di questa, anteriore allo scisma, vi parlerò in un prossimo articolo.

Dom Guillaume de Raynald consegnò a Dio la sua bella anima il 15 giugno dell’anno 1402, dopo aver governato l’Ordine per trentacinque anni.