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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 14)

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LIBRO 3

La comunità

CAPITOLO 14

La celebrazione quotidiana della liturgia

1 Dopo aver descritto la vita della monaca in ascolto di Dio in cella o al lavoro, parliamo ora, con l’aiuto di Dio, della comunità. La grazia dello Spirito Santo riunisce persone solitarie per farne una comunione nell’amore, a immagine della Chiesa, una e diffusa in tutti i luoghi. (St 21,1)

2 Nostro padre san Bruno, entrando nel deserto con sei compagni, seguì le orme di questi antichi monaci totalmente consacrati al silenzio e alla povertà dello spirito. Fu però grazia propria dei nostri primi Padri di introdurre in questa vita una liturgia quotidiana che, pur conservando l’austerità della vocazione eremitica, la associasse espressamente al canto di lode che Cristo Sommo Sacerdote ha affidato alla sua Chiesa. Manteniamo questa liturgia propria, come concessa alla nostra vita solitaria e contemplativa. (St 21,2)

3 Come nella sinassi dei monaci anziani, i momenti salienti della nostra liturgia sono le veglie notturne, alle quali sono legate le lodi mattutine, la celebrazione eucaristica conventuale e le lodi serali. Per questi Uffici ci incontriamo in chiesa. (St 21,3)

4 Quando ci riuniamo per la santa Eucaristia, l’unità della famiglia certosina trova il suo compimento in Cristo presente nella preghiera. (St 21,4)

5 La preghiera notturna è quella in cui viene posta una guardia santa e perseverante in attesa del ritorno del Maestro, per aprirgli appena bussa. Le lodi serali sono celebrate mentre il giorno calante invita l’anima al sabato spirituale. (St 21,5)

6 Le altre Ore canoniche della Liturgia si recitano abitualmente nelle celle. La domenica e le solennità nel coro si cantano Terza, Sesta e Nona. (St 21,6)

7 La vita solitaria è libertà dell’anima: la liturgia, quando è celebrata nel segreto della cella, ne riceve l’impronta e si armonizza così più profondamente con le aspirazioni del nostro cuore, senza mai cessare di essere un atto di vita comune. Al suono della campana, tutti pregano contemporaneamente, facendo dell’intero monastero una lode alla gloria di Dio (cfr. anche 41,17). (St 21,7)

8 Quando le monache celebrano l’Ufficio divino, sono la voce e il cuore della Chiesa. È lei che, attraverso il suo ministero, presenta al Padre, in Cristo, l’adorazione, la lode, la supplica e l’umile richiesta di perdono dei peccati. Questa funzione così importante, le monache svolgono certamente per tutta la vita, ma in modo più esplicito e ufficiale nella sacra liturgia. (St 21,8)

9 La monaca medita incessantemente le Sacre Scritture fino a farle diventare parte del suo essere. Quando, durante la liturgia, è la Chiesa stessa che ce li dispensa, noi li riceviamo come il pane di Cristo. (St 21,9)

10 La liturgia conventuale è per lo più cantata. Il canto gregoriano che ci è proprio è un elemento del patrimonio del nostro Ordine che conserviamo fin dall’inizio; sappiamo che queste melodie sono portatrici di interiorità e sobrietà spirituale. (St 21,10)

11 L’Ufficio divino delle monache di clausura è quello descritto nei nostri libri liturgici. La partecipazione delle monache laiche alla santa liturgia può avvenire in diversi modi (44.11), ma è sempre una preghiera pubblica della Chiesa. (St 21.11)

12 Oltre all’Ufficio divino, i nostri Padri ci hanno trasmesso l’Ufficio della Beata Vergine Maria, le cui Ore precedono solitamente l’Ora corrispondente dell’Ufficio divino. Con questa preghiera celebriamo l’eterna novità del mistero di Maria che genera spiritualmente Cristo nei nostri cuori. (St 21,12)

13 Il Signore ci ha chiamati ad essere alla sua presenza rappresentanti di tutta la creazione. È quindi nostro dovere intercedere per tutti: per i nostri fratelli, i nostri genitori, i nostri benefattori, e per tutti i vivi e tutti i defunti. (St 21,13)

14 La liturgia della riconciliazione è una Pasqua perpetua del Signore; peccatori in cerca del suo Volto, lo celebriamo frequentemente per essere ogni volta rinnovati da lui. La qualità della nostra vita di preghiera, infatti, è strettamente legata a una pratica personale, assidua e consapevole del sacramento della Penitenza. (St 21,14)

15 Essendo la nostra vocazione quella di rimanere incessantemente desti alla presenza di Dio, tutta la nostra vita tende a trasformarsi in una liturgia ininterrotta. Ciò diventa a volte più esplicito: quando offriamo la preghiera ufficiale della Chiesa, o quando seguiamo l’inclinazione del nostro cuore. Questa diversità non è fonte di divisione, perché è sempre lo stesso Signore che, esercitando in noi il suo sacerdozio, prega il Padre nell’unico Spirito. (San 21.15)