Continua l’intervista al giovane spagnolo Joaquin, che ha deciso di fare ingresso in certosa, a Porta Coeli.
Sei consapevole che in un certo senso è morire al mondo per nascere a Dio?
Completamente, l’unico modo per poter vivere da eremita e separato dal mondo è fare questo passo. Non è una rinuncia violenta come rifiuto del mondo, ma una completa infatuazione di Dio. Se si sente la chiamata di Dio e del suo amore, nella sua scala di valori diventa la prima cosa e tutto diventa molto sopportabile, nonostante la durezza della vita nel chiostro, la rassegnazione della famiglia e degli amici, dei viaggi, degli hobby. .. Se uno è innamorato di Dio, sa che in questa vita gli darà il centuplo e soprattutto la promessa della vita eterna, che è ciò che conta davvero. Se uno è molto unito a Dio, il resto è totalmente irrilevante e va su un piano molto secondario.
Fino a che punto questo ritiro dal mondo fa sparire tanti ostacoli sulla via della santità?
Allontanandosi davvero dal rumore del mondo, dalla secolarizzazione attuale… in un clima di raccoglimento, di silenzio, è più facile avvicinarsi a Dio, avere momenti di intimità molto più intensi ed essere in un presenza di Dio, senza preoccupazioni materiali, senza impegni mondani.
Comunque è una vita oggettivamente molto dura, di tanta preghiera e sacrificio, lavoro manuale ecc…
Esatto, ma se credi che Dio ti chiama a lodarlo, a pregare, a chiedere per il mondo… l’ascesi è necessaria e offrendo tutta la tua vita, tutta la tua volontà ha per Dio un valore molto grande. Se si cerca la santità, è il modo migliore per aiutare la Chiesa e salvare le anime, avendo come riferimento lo stesso Cristo che ha dato se stesso donando la sua vita per redimerci dal peccato e salvarci. Il certosino si ritirava in solitudine, ad una vita dura e di rinuncia, per avere quella pienezza in Dio.
Perché la gioia interiore di vivere uniti a Dio non deve necessariamente essere accompagnata da una gioia sensibile?
Quando una persona lascia tutto, per una vita di sacrificio, di penitenza… ha pochissime gioie sensibili, lontane dalla società del benessere, ma è più propenso all’ascolto di Dio attraverso il silenzio interiore e il silenzio esteriore, che sono molto importanti, soprattutto quello interno. Quando sei molto unito a Dio, Lui stesso ti dà una sorta di compenso spirituale e di gioie interiori essendo unito a Lui. Non si può vivere di queste consolazioni, ma di fede, che è ciò che fa realmente la tua volontà unita a Dio, a prescindere di consolazione o desolazione. Ci possono essere momenti di difficoltà nella propria vocazione, dove bisogna avere la convinzione di perseverare nelle lotte interiori. Preghi molto e ti sacrifichi, ma a volte non vedi i frutti, devi vivere per fede. Dio opera attraverso l’umiltà, il distacco, la dedizione… Dio, di fronte all’umiltà e alla fiducia dei santi, opera meraviglie in loro.
Cosa diresti a un giovane che sta valutando una vocazione alla vita religiosa?
Che è una decisione che deve nascere da dentro, nessuno deve convincerti, sei tu che devi fare il passo. Se cerchi con rettitudine di intenzione di seguire la volontà di Dio se ti chiama alla vita religiosa, hai tutte le opzioni per essere felice. Se cerchi sempre la volontà di Dio, Lui ti ripaga con quella felicità che tutti desideriamo. A volte non è facile discernere la chiamata, ma devi essere coraggioso per osare per cercare di sapere se Dio ti chiama davvero. La vita religiosa è condizionata dall’obbedienza, dal rinnegare se stessi, che è l’esatto contrario del mondo moderno.
Ho pubblicato questa intervista affinchè possa essere di aiuto ed orientamento per tutti coloro che hanno esitazioni e perplessità sulla vita monastica. A Joaquin, vadano le mie e le vostre preghiere.

san Bruno
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