• Translate

  • Follow us

  • Memini, volat irreparabile tempus

    giugno: 2024
    L M M G V S D
     12
    3456789
    10111213141516
    17181920212223
    24252627282930
  • Guarda il film online

  • Articoli recenti

  • Pagine

  • Archivi

  • Visita di Benedetto XVI 9 /10 /2011

  • “I solitari di Dio” di Enzo Romeo

  • “Oltre il muro del silenzio”

  • “Mille anni di silenzio”

  • “La casa alla fine del mondo”

  • Live from Grande Chartreuse

  • Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi e-mail.

    Unisciti a 691 altri iscritti
  • Disclaimer

    Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.


La ricetta “ricostituente” certosina

2f7dd8098d75c466ca451062f9d49f37
Come anticipatovi nel precedente articolo, ecco la originale “soluzione” certosina, ovvero una ricetta dedicata ai monaci malati.
Fin da quando è stato concepito, il trattato “De Esu Carnium”, dunque, è circolato all’interno delle biblioteche delle certose, diventando una sorte di manifesto identitario a cui rifarsi e condiviso da diversi medici che hanno scelto di indossare l’abito certosino. In questo ambito monastico, non bene identificato fu realizzata una particolare ricetta, palesemente ispirata ai dettami di Arnaldo di Villanova e espressamente dedicata ai Certosini ammalati ai quali “è assolutamente vietato l’uso della carne”.

ricettario cartusia

La ricetta “ricostituente” certosina

I principali componenti di questo ricostituente, sono proprio quelli consigliati da Arnaldo, vino e tuorlo d’uovo, ma la ricetta è arricchita da un’ulteriore preparazione a base di zucchero, perle polverizzate e foglia d’oro, con l’aggiunta eventuale di acqua di rose e cannella. Una ricetta anonima, elaborata in ambiente certosino, che consiste in un rimedio considerato particolarmente efficace per i monaci ammalati che dovevano riacquistare le forze senza infrangere il divieto di nutrirsi di carne.
Ecco il testo originale in latino e la sua traduzione in italiano.

Restaurativum pro Carthusiensibus infirmis qui sunt privati omnino esu carnium.

Recipe vitelle ovorum recentium duo vel tria vinum vernacie vel tyri vel

vini rubei dulcis vel optimi malvatici untias tres. Conquassentur et conmi-

sceantur vitella cum dicto vino. Et omnia simul mixta ponantur in una scu-

tella vitreata. Deinde ponatur scutella in aqua ferventi semper miscendo

cum uno colceari id quod est in scutella ne coaguletur sed deveniat admo-

dum lacteris. Postea detur infirmo. Sed prius imponatur in dicto brodio

medium colear pulveris infrascripti: Recipe margaritarum idest perlarum

que sint pulverizate untiam I, idest dragmam unam. Zuchari finissimi vel

optimi untiam unam; folia auri fini numero // decem. Misce […] et medium

coclear ut predictum […] restaurativo. Et nota quod si infirmus esset febri-

citans adde aque rosate untias II. idest dragmas duas in supradicto restau-

rativo. Quod si infirmus posset sumere ova coquantur ipsa recentia in cine-

ribus ut sint mollia ad modum lacteris. Et dentur simpliciter vitella ovi cum

cocleari pleno dicto pulvere. Postea dentur unzie due vel tres de predicto

vino optimo. Et sic infirmus restaurabitur. Potest etiam poni de predicto

pulvere in omni cibo quia mirabiliter restaurat et laetificat. In casu autem

quod non possent reperiri predicta vina, recipe de vino quod habes et po-

ne in eo de zucharo tantum quod fiat dulce. Ponatur ad ignem ut zucharus

resolvatur. Quo ab igne remoto ponatur in eo parum de optimo cynamomo

ad quantitatem unius agmidole quod vel sit minutatim incisum vel bene

pulverizatum. Et si loco zuchari haberes confectionem que dicitur Manus

Christi adhuc melius.

Explicit restaurativum pro Carthusiensibus valde optimum in infirmita-

tibus constitutis arduis. Expertum mirabilis!

“Ricostituente per i Certosini infermi che sono completamente sprovvisti di cibo”.

Prendete tuorli di uova fresche, due o tre once di vino primaverile o gomme di del vin rosso dolce o tre once della migliore malvatica. Si pesti il tuorlo d’uovo, e si mescoli col detto vino. E lascia che siano tutti mescolati insieme in una ciotola di vetro. Poi si mette il piatto in acqua bollente, mescolando sempre con una mano, in modo che quanto c’è nel piatto non si coaguli, ma diventi un composto di latte. Più tardi sarà dato ai malati. Ma prima si metta la polvere di sotto nel detto mezzo brodio: La ricetta delle perle, cioè delle perle, si polverizzi 1 oncia, cioè un dramma. Un’oncia del miglior velluto; le foglie d’oro sono in numero limitato // dieci. Mescolare […] e un cucchiaio medio come detto […] riparatore. E nota che se fosse malato di febbre, aggiungi 2 once di acqua di rose. cioè due dramme nel suddetto restaurativo. Ma se il malato potesse prendere le uova, dovrebbero essere cotte fresche nella cenere in modo che siano morbide come il latte. E gli viene semplicemente dato il tuorlo di un uovo da riempire a cucchiaiate di detta polvere. Dopo si danno due o tre once del miglior vino. E così i deboli saranno restaurati. Puoi anche mettere la suddetta polvere in qualsiasi alimento perché ripristina e rallegra meravigliosamente. Ma nel caso che i predetti vini non si trovino, fate una ricetta del vino che avete e metteteci solo zucchero quanto basta per renderlo dolce. Si pone sul fuoco per sciogliere lo zucchero. Tolto dal fuoco, mettici dentro un po’ della migliore cannella, della grandezza di un pizzico, o tritata finemente o polverizzata finemente. E se invece dello zucchero aveste una caramella chiamata la Mano di Cristo, sarebbe ancora meglio: è chiaramente un ricostituente per i certosini, ottimo nei casi di gravi infermità. Un’esperienza meravigliosa!

“De Esu Carnium”

1

L’articolo che oggi vi propongo è su un tema già trattato in questo blog in diversi articoli. Esso riguarda l’astinenza dalla carne nella dieta dei monaci certosini, e più precisamente vi parlerò del testo dal titolo “De Esu carnium” (sul mangiare carne), scritto dall’illustre medico Arnaldo di Villanova, in difesa dell’astinenza certosina.

Va detto, che tra il XIII ed il XV secolo si sviluppò un enorme dibattito sul divieto imposto dalla regola certosina di mangiare carne, anche in caso di malattia.

Cari amici, come forse già saprete, la limitazione del cibo e la rigida regolamentazione della sua assunzione rappresenta per il monaco una delle manifestazioni più concrete della sua rinuncia al “mondo” ed il punto di partenza di una pratica ascetica, che attraverso la repressione del corpo punta a purificare l’anima da pulsioni e passioni che ostacolano la sua propensione verso Dio. I certosini, rispetto ad altri ordini monastici, si distinguono non solo per la loro scelta di una vita rigorosamente eremitica, ma sono caratterizzati fin dall’inizio da forme di astinenza particolarmente rigide, che culminano nell’esclusione totale della carne dalla dieta, anche in caso di malattia. Questa pratica ha le sue radici nella tradizione eremitica orientale e dei Padri del deserto, che dalle origini dell’ Ordine ha resistito fino ad oggi, vanificando i vari tentativi, avvenuti nel corso dei secoli, di attenuare tale rigore.

anziani-arzilli-certosini

Il trattato “De esu carnium” del medico catalano Arnaldo di Villanova, fu composto tra il 1301 e il 1305, e rappresenta molto probabilmente la prima presa di posizione in difesa della scelta certosina di astinenza totale dalla carne. A causa delle autorevoli affermazioni in esso contenute, questo trattato ha rappresentato una risposta definitiva e poderosa, a coloro che interpretavano fallacemente il rifiuto certosino di concedere la carne ai malati come espressione di mancanza di carità. Arnaldo di Villanova ci tiene a illustrare con fermezza la legittimità della scelta certosina con argomentazioni fondate sul sapere medico, confutando vigorosamente le accuse rivolte all’Ordine di una sostanziale ignoranza della scienza medica.

L’idea che i malati abbiano bisogno della carne per ristabilirsi e prolungare la loro vita, bollata da Arnaldo come novum dogma, non trova riscontro nelle dottrine mediche, e si basa su un sostanziale misconoscimento delle caratteristiche fisiologiche del corpo malato in relazione alla natura dei diversi alimenti: i cibi che, come la carne, servono a ricostituire le facoltà motorie del corpo non sono infatti necessari all’organismo ammalato, anzi lo danneggiano, poiché provocano un calore eccessivo a causa del grasso che contengono; mentre gli giovano quegli alimenti che, per la loro sottigliezza e conformità alla natura del sangue, restaurano le potenze vitali e sono quindi più adatti a riparare gli squilibri provocati dalla malattia. Sbagliata dal punto di vista medico e inconsistente dal punto di vista teologico, l’idea che l’astinenza dalla carne accorci la vita degli ammalati evidenzia l’ignoranza di quanti la sostengono, ed è di fatto smentita dalla proverbiale longevità dei certosini.

Arnaldo segnala anche quella che a suo giudizio è la dieta più adatta per gli ammalati, una dieta a base di tuorli d’uovo e vino, alimenti più affini alla natura del sangue e quindi più adatti a generare gli spiriti vitali.

A distanza di pochi anni, dall’uscita di questo insigne trattato il monaco certosino, Guglielmo de Yporegia (Ivrea), si assunse il compito di difendere la scelta dell’ascetismo più rigoroso con la sua opera più importante, il “Tractatus de origine et veritate ordinis Cartusiensis“, dedicato all’elogio della vita certosina. Egli pur non essendo medico, afferma che la carne non è indispensabile per gli ammalati debilitati, e che altre vivande, come brodi, pesciolini o tuorli d’uovo, si rivelano ben più adatte a restituire la salute a quanti, come i monaci, sono avvezzi ad una dieta estremamente parca. Anche una figura di primo piano del mondo universitario come quella del Cancelliere dell’Università di Parigi, Giovanni Gerson, fervente ammiratore dell’ordine certosino, scrisse nel 1401 un breve trattato dal titolo “De non esu carnium“. In esso viene sancita una complessa difesa del digiuno certosino, sia dal punto di vista teologico che medico. Sia le argomentazioni di Arnaldo, quanto quelle di Gerson, sono riprese nel XV secolo da Dionigi il certosino nel trattato “De praeconio sive laude ordinis cartusiensis“, laddove il rifiuto della carne diviene l’emblema della rinuncia del monaco a se stesso, avvalendosi anche di testi di Bernardo di Chiaravalle e di Guglielmo di Saint-Thierry, nonché degli esempi di santità che hanno scandito la storia dell’Ordine e dei decreti papali che sanciscono nei secoli la legittimità del comportamento certosino.

Nel prossimo articolo vi proporrò una “soluzione” certosina a questo dibattuto tema. Non perdetevelo!

ricettario cartusia

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 21)

1

CAPITOLO 21

I malati

1 La malattia o la vecchiaia ci invitano a un nuovo atto di fede nel Padre, che attraverso queste prove ci rende più simili a Cristo. Siamo allora associati in modo speciale all’opera di redenzione, e la nostra unione con tutto il Corpo Mistico diventa più intima. (St 27.1)
2 La priora deve, in modo speciale, mostrare compassione piena di premura agli ammalati, alle sorelle anziane ed a coloro che sono nella prova. La stessa sollecitudine è raccomandata a tutti coloro che si prendono cura dei malati. Si procurerà loro caritatevolmente, secondo i mezzi della casa, tutto l’aiuto necessario o utile; anche i servizi più intimi che non sono in grado di rendere a se stessi saranno loro resi umilmente da altri, che si riterranno felici di aver ricevuto un tale ufficio. Le malattie nervose sono particolarmente pesanti da sopportare in solitudine: si cercherà ogni mezzo per sostenere coloro che ne soffrono, aiutandoli a comprendere che possono dare gloria a Dio, se dimenticano se stessi e guariscono con fiducia nella volontà di Colui che è il loro padre. (St 27.2)
3 Eppure, come dice san Benedetto, bisogna ricordare ai malati di stare molto attenti a non turbare le loro infermiere con richieste superflue o addirittura impossibili da soddisfare, o magari con mormorii. Né l’infermiera dovrebbe, con il pretesto della compassione, danneggiarli con sfrenata benevolenza. Il ricordo della vocazione che hanno abbracciato farà loro vedere che la differenza tra loro e gli uomini del mondo deve essere tanto grande nella malattia quanto nella salute. Dio non voglia che la malattia sia un’opportunità per loro di ritirarsi in se stessi, e che invano Dio sia venuto a visitarli. (St 27.3)
4 Sta dunque al malato meditare sulle sofferenze di Cristo, agli infermieri, ai suoi gesti di misericordia. Il primo sarà più forte nella prova, il secondo più disposto ad aiutare. Se tutti ricordano che è per amore di Cristo, alcuni che sono serviti, altri che servono, non ci sarà né arroganza da una parte, né negligenza dall’altra; ma ciascuno attenderà dallo stesso Signore la ricompensa del dovere compiuto, qui con la sofferenza, là con la compassione. (St 27.4)

2
5 Come poveri di Cristo, ci accontentiamo del medico ordinario della casa, o, se necessario, di uno specialista della zona. Se una suora ha bisogno di consultare uno specialista oltre al medico abituale, la priora può permetterle di recarsi in uno dei paesi vicini designati dai Visitatori con l’approvazione del Capitolo Generale o del Reverendo Padre; ma deve tornare lo stesso giorno. Se il medico ritiene necessario il ricovero immediato, senza avere il tempo di chiedere il permesso al Reverendo Padre, ne sarà informato. Quando il medico visita un paziente, di solito rimane da solo per il consulto; può tuttavia richiedere la presenza della priora o di un’altra suora. (St 27,5)
6 I nostri pazienti, condannati alla solitudine, ricevono il più possibile le cure di cui hanno bisogno in cella. Se capita che certi medici, in modo sconsiderato, incoraggino uscite o indichino trattamenti contrari al nostro scopo, non dovremmo tenerne conto: noi soli, infatti, risponderemo davanti a Dio dei nostri desideri. Guardiamoci anche dall’abusare dei rimedi, a danno della perfezione, della nostra stessa salute e del bilancio familiare. (St 27.6)

7 In tutte queste occasioni, affidiamoci docilmente alla volontà di Dio, e non dimentichiamo che la prova della malattia ci prepara alle gioie dell’eternità. Diciamo allora con il salmista: mi sono rallegrato quando mi è stato detto: andremo alla casa del Signore. (St 27.7)

3

Le infermità tra i certosini

2

«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).
Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità

La XXX Giornata mondiale del malato, che ricorre oggi 11 febbraio, in cui si celebra la memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, ed istituita da papa Giovanni Paolo II nel 1992, fu concepita per rappresentare un momento speciale di preghiera, per dedicare attenzione al malato ed a tutti coloro che lo assistono quotidianamente. Va ricordato che nel 2013 papa Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni nel corso di questo giorno di festa, e ha citato la sua salute in declino come la ragione del suo gesto.

Il nostro pensiero va dunque alle persone malate ed a coloro che le assistono, ed in particolare a quanti, in tutto il mondo, in questo momento particolare, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus. Premesso ciò, non possiamo trascurare come vengono accuditi gli infermi ed i malati all’interno di una comunità monastica certosina, e come vengono trattate le infermità tra i certosini.

L’Ordine certosino da sempre ha avuto una particolare attenzione a questo tema, al punto di dedicare un’ intero paragrafo nel capitolo Libro III – La Comunità– 27 degli Statuti, nel quale si spiega come gestire le malattie e la cura agli infermi nel rispetto della povertà che hanno professato e conformi allo spirito di solitudine.

Gli infermi

L’infermità o la vecchiaia ci invitano ad un nuovo atto di fede nel Padre che con tali prove ci configura più intimamente a Cristo. Così, associati in modo particolare all’opera della Redenzione, ci uniamo più strettamente con tutto il Corpo Mistico.

Il priore mostri una speciale sollecitudine e misericordia verso gli infermi, i vecchi e quelli che sono nella prova. Ciò si raccomanda anche a tutti coloro ai quali è affidata la cura degli infermi. Secondo la possibilità della casa, si fornisca caritatevolmente agli ammalati tutto ciò che è necessario e giovevole. Tutti i servizi, anche i più intimi, a cui essi non possono attendere da sé, siano compiuti umilmente dagli altri, in modo che si reputi felice chi ha ricevuto un tale incarico. Coloro che soffrono di qualche malattia nervosa, particolarmente molesta nella solitudine, siano aiutati in ogni modo, così da comprendere che possono dare gloria a Dio, purché, dimentichi di sé, si abbandonino con fiducia alla volontà di Colui che è Padre.

I malati però, come dice S. Benedetto, siano ammoniti di far bene attenzione a non contristare chi li serve, chiedendo cose superflue o impossibili o magari lagnandosi. Ricordandosi della vocazione abbracciata, riflettano che come vi è differenza tra il religioso sano e il secolare sano, allo stesso modo il religioso infermo deve comportarsi diversamente dal secolare infermo, per evitare – ciò non avvenga – che durante la malattia l’animo si ripieghi su se stesso e resti vana la visita del Signore.

I malati dunque siano invitati a meditare sulle sofferenze di Cristo, e chi li serve sulle sue misericordie. Così i primi diverranno forti nel sopportare e i secondi pronti nel soccorrere. E mentre quelli considerano di essere serviti per Cristo e questi di servire per lui, i primi non si inorgogliscono e i secondi non si scoraggiano, perché gli uni e gli altri attendono dal medesimo Signore la ricompensa della fedeltà al proprio dovere: i malati del patire, gli infermieri del compatire.

Come poveri di Cristo, ci accontenteremo del medico ordinario della casa o, se il caso lo dovesse esigere, di uno specialista delle città vicine. Se, oltre al medico abituale, un padre è costretto a consultare uno specialista, il priore gli può concedere di recarsi in una delle città vicine stabilite dai Visitatori col consenso del Capitolo Generale o del Reverendo Padre, purché sia di ritorno lo stesso giorno. Ugualmente il priore può permettere che un monaco sia ricoverato in ospedale; conviene, tuttavia, che ne venga informato il Reverendo Padre.

I nostri malati, per amore della solitudine, ricevono, per quanto è possibile, le cure necessarie nella propria cella.

In tutte queste circostanze abbandoniamoci con animo docile alla volontà di Dio e ricordiamoci che mediante la prova dell’infermità veniamo preparati alla felicità eterna, ripetendo col salmista: Quale gioia, quando mi dissero: ”Andremo alla casa del Signore”.

I medicinali vengono usati con grande parsimonia, e solo nei casi veramente necessari e previa licenza del padre priore, ciò appare dissonante con la presenza nei secoli nelle certose di spezierie molto attrezzate ed in grado di produrre farmaci e medicamenti di vario genere. Ciò va ricondotto alla estrema generosità e misericordia dei certosini, i quali per quanto fossero austeri e severi con se stessi, erano altrettanto prodighi con gli estranei. Le spezierie erano di fatto al servizio dei pellegrini indigenti che trovavano conforto bussando alle certose sicuri di ricevere assistenza. Va segnalata, inoltre, la diffusa riluttanza tra i monaci a ricorrere a cure ospedaliere, per l’attaccamento alla cella ed alla vita claustrale spesso approfittano della malattia sopraggiunta per “santificarsi” non chiedendo mai aiuto o difficilmente lo accettano. Accolgono la sofferenza con gioia!

A seguire diverse immagini e qui un breve video che ci fanno cogliere l’amore con il quale i monaci infermi o molto anziani, vengono assistiti e curati dai confratelli con caritatevole devozione.

Grazie al sito amico escadoceu.…..per le immagini.