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Quando sono da solo sono una folla

Quando sono da solo sono una folla

solitudine nella cella Photo by Fernando Moleres

Il titolo di quest’articolo, è un asserzione di Guigo II che introduce il testo scritto dal nono priore della Grande Chartreuse (1173- 1180) il quale rinunciando al generalato dell’ordine per attendere alla vita contemplativa, lasciò diverse opere ascetiche. Guigo morì il 6 aprile del 1193 con fama di santità e fu definito  l’angelico. E’ un testo scritto molti secoli fa, ma con un valore eterno per gli uomini che sono alla ricerca di Dio.

Sventurato il solitario che non ti ha conosciuto come

solo compagno! Quanti uomini sono tra la folla e si

trovano soli perché non sono con te! Possa io, stando con te,

non essere mai solo. La terra della mia anima taccia in

tua presenza. Signore, perché intenda ciò che dice in me il

Signore mio Dio, poiché il mormorio delle tue parole non

può essere inteso che in un profondo silenzio.

L’intenderle eleva il solitario che sta silenzioso al di

sopra di se stesso, perché chi si umilia sarà innalzato e

colui che rimarrà seduto solitario e avrà conservato il

silenzio sarà elevato al di sopra di se stesso. Dove? Si

tratta di un luogo? No, ma dell’amore. E questo amore,

come si sorpassa da se stesso? Per il fatto che non guarda

verso di sé. O, più precisamente, esso medita e ama ciò

che è al di sopra di lui, il supremo Bene, il suo Dio;

vedendolo e amandolo, vede e ama se stesso in un modo

migliore.

(Guigo II, certosino)

L’Imitazione di Cristo Capitolo XCVIII°

L’Imitazione di Cristo

Libro IV

Capitolo XCVIII°

 

NEL SACRAMENTO SI MANIFESTANO ALL’UOMO LA GRANDE BONTÀ E L’AMORE DI DIO

Parola del discepolo

O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio consolatore. Ma “per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a me?” (Lc 1,43). Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c’è alcunché di buono, per cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore. Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e l’umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.

Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e gratitudine e lode incessante, per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può comprendere pienamente. Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente? Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura di peccati. Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo sguardo. Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli: nient’altro, veramente, che te stesso, “pane vivo, che sei disceso dal cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi ti si debbono!

Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato “e le cose furono” (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato. Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere consumato. “Tu, o Signore di tutti”, che, di nessuno avendo bisogno, hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione e perenne memoria di te. Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità, ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene meno, infatti, l’amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua intercessione. E’ dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della salvezza. E quando celebri la Messa, o l’ascolti, ciò deve apparirti un fatto così grande, così straordinario e così pieno di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine, Cristo si facesse uomo, patisse e morisse pendendo dalla croce.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Buon Natale

Cari amici lettori di questo blog, siamo giunti in prossimità del Santo Natale e voglio augurarvi fervidi e gioiosi auguri. E’stato un anno speciale per l’ordine certosino ricco di tante ricorrenze e novità che ho cercato di raccontarvi sempre con la speranza di poter catturare la vostra attenzione.

E’stato un anno speciale anche per il sottoscritto, costretto ad affrontare e superare un ennesima dura prova inviatami da Nostro Signore e di fronte alla quale mi sono chinato, accettandola umilmente ed affidandomi al compimento della Sua volontà.

Sono caduto, ma Egli mi ha sorretto per rialzarmi.

Ho poi scovato, casualmente, una foto nel mio archivio, nella quale mi è parso di “sentire” la pacca sulla spalla che mi ha spinto a continuare sulla via indicatami da san Bruno!!!

DSC_4820

Io alla certosa di Calci

E’ perciò con rinnovato slancio, che voglio con grande affetto ringraziare tutti gli amici di Cartusialover, che sempre più numerosi, e da ogni angolo del pianeta, seguono i miei articoli.

Possa la magia del Natale consentire che si illumini il cuore di ognuno di voi, rafforzando la gioia di condividere, sperare e rinnovare la vostra vita, per una profonda rinascita interiore.

Auguri di vero “cuore” per questo nuovo Natale.

Porgo a tutti l’augurio di un Santo Natale e di un Felice Anno Nuovo, ricordandovi che in basso potrete scaricare (in formato PDF) e stampare un calendario del nuovo anno offertovi con sincero affetto.

  1. Calendario 2015 – Icona san Bruno
  2. Calendario 2015 – Vergine dei certosini
  3. Calendario 2015 – san Bruno con papa Francesco

L’Imitazione di Cristo Capitolo XCVII°

L’Imitazione di Cristo

Libro IV

Capitolo XCVII°

 

CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE CRISTO

Parola del discepolo

O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non pronunciate in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono parole tue, e veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine e con fede. Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le hai proferite per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per farle penetrare più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande misericordia, piene di dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i miei peccati, e la mia coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi misteri. La dolcezza delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo dei miei difetti. Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente in te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell’immortalità, se voglio conquistare la vita eterna e la gloria.

“Venite tutti a me – dici – voi che siete faticati e oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28). Dolce all’orecchio del peccatore, e piena d’intimità, questa parola; una parola con la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione del tuo corpo santissimo. Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi cieli non ti contengono, e tu dici: “Venite a me tutti”. Che cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia? Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte volte ho offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: “Venite tutti a me”. Se non fossi tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent’anni nella costruzione dell’arca, per trovare salvezza con pochi suoi; e come potrò io, solo in un’ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo grande, a te particolarmente caro, fece un’arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d’oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita? Salomone, il sapientissimo re d’Israele, costruì, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l’offerta di mille vittime pacifiche; e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l’arca dell’alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz’ora? E fosse almeno, una volta, una mezz’oretta passata come si deve!

O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé! Come è poco quello che faccio io. Come è breve il tempo che impiego quando mi preparo a comunicarmi: raramente tutto raccolto; ancor più raramente libero da ogni distrazione. Mentre, alla presenza salvatrice della tua essenza divina, non dovrebbe, di certo, affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non dovrei lasciarmi prendere da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella mia casa, non un angelo, ma il Signore degli angeli. Eppure c’è un abisso tra l’arca dell’alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo tuo purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell’Antico Testamento – patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo – dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? Danzò il piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra dinanzi all’arca di Dio, riandando col pensiero alle prove d’amore date, in passato, da Dio ai patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece cantare in letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla grazia dello Spirito Santo; istruì il popolo d’Israele a lodare Iddio con tutto il cuore, a benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d’una sola voce. Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all’arca dell’alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al sacramento e nell’atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra sublime?

Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete intessute d’oro. Mentre qui, accanto a me, sull’altare, ci sei tu, mio Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli. Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell’altare, sei interamente presente tu, mio Dio, “uomo Cristo Gesù” (1Tm 2,5); qui si riceve frutto abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere con i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento. Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche coloro che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita al fine del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso sacramento aumento di grazia nella devozione e nell’amore della virtù. Mirabile e nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata nell’anima la virtù perduta e torna l’innocenza, che era stata deturpata dal peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente che gli sono state date forze maggiori.

Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e negligenza, poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo, nel quale consiste tutta la speranza e il merito della salvezza. E’ lui, infatti, “la nostra santificazione e la nostra redenzione” (1Cor 1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l’eterna gioia dei santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così poco conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di tutto il mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di un dono così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non badarvi! Se questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo luogo, e fosse consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale desiderio sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per veder celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e Cristo viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo la sacra comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso l’uomo. Che tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo corpo prezioso e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed esuli, invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua stessa bocca: “venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Papa Alessandro III nomina Antelmo di Chignin vescovo di Belley

Papa Alessandro III nomina Antelmo di Chignin vescovo di Belley

papa Alessandro III nomina Antelmo di Chignin vescovo di Belley

Ancora una volta grazie ad un dipinto di Vicente Carducho, ricordiamo un evento  caro all’ordine certosino, che ha per protagonista Antelmo di Chignin. Questo pio certosino venne per le sue caritatevoli e meritorie opere, scelto dal pontefice Alessandro III per guidare l’episcopato di Belley. La riluttanza del certosino ad accettare la nomina fu tale, che il papa dovette costringerlo ad abbandonare la quiete della vita monastica che egli adorava. La scena raffigurata nel dipinto, è l’esatto momento della consacrazione a vescovo, avvenuta il 7 settembre del 1163 nella cattedrale di Bourges. Il pontefice sull’altare poggia la mitria vescovile sul capo di Antelmo che è inginocchiato umilmente, mentre alle sue spalle altri due vescovi sembrano confidare in questo nuovo incarico avuto dal mite certosino. Sullo sfondo del quadro, Carducho dipinge un grande armadio con scaffali sui quali sono esposti sia oggetti di grande valore rappresentati da lussuosi pezzi d’argento e tiare ma anche pagnotte di pane. Il riferimento simbolico allude al modo di esercitare il potere episcopale che può essere anche svolto con estrema semplicità ed umiltà, come lo svolse il certosino Antelmo di Chignin. Egli fu anche chiamato con l’appellativo “padre dei poveri”, poichè si preoccupò di aiutare materialmente e spiritualmente persone bisognose.

 

Puzzle

 

preview63 piecePapa Alessandro III nomina Antelmo di Chignin vescovo di Belley

Ritirarsi in certosa

Ritirarsi in certosa

Il vescovo tra i certosini nel coro

Il vescovo tra i certosini nel coro

Nel video che potremo seguire più avanti, vi è una preziosa testimonianza realizzata all’interno della certosa portoghese di Évora dalla televisione lusitana, lo scorso 23 giugno. Il priore certosino Dom Antao, accoglie e risponde all’intervistatore, che introduce le telecamere, all’interno degli ambienti claustrali, per riprendere un evento particolare. L’occasione speciale, viene offerta dall’ingresso nella certosa portoghese, per un ritiro che precede l’ordinazione episcopale, di D. Francisco Senra Coelho.  Alcuni giorni di isolamento meditativo, prima di essere nominato il 29 giugno, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Braga. Dom Antao, ci spiega come parteciperà alle attività monastiche l’illustre ospite, il quale rilascerà le sue emozioni per questa esperienza. Il neo vescovo ammette che non poteva scegliere luogo migliore per poter effettuare un ritiro spirituale per potersi dedicare alla contemplazione ed alla meditazione, per dialogare con Dio. E’ per noi una ghiotta occasione per “entrare” tra le mura della certosa di Évora, e godere delle atmosfere e degli spazi conventuali, luoghi di pace e beatitudine.

Il documento filmato è in lingua portoghese.

L’Imitazione di Cristo Capitolo XCVI°

L’Imitazione di Cristo

Libro III

Capitolo XCVI°

 

PORRE OGNI NOSTRA SPERANZA E OGNI FIDUCIA SOLTANTO IN DIO

O Signore, che cosa è mai la fiducia che ho in questa vita. Quale è il mio più grande conforto, tra tutte le cose che si vedono sotto il cielo? Non sei forse tu, o Signore, mio Dio di infinita misericordia? Dove mai ho avuto bene, senza di te; quando mai ho avuto male con te? Voglio essere povero per te, piuttosto che ricco senza di te; voglio restare pellegrino su questa terra, con te, piuttosto che possedere il cielo, senza di te. Giacché dove sei tu, là è cielo; e dove tu non sei, là è morte ed inferno. Sei tu il mio desiderio ultimo; perciò io ti debbo seguire, con gemiti e lacrime ed alte, commosse preghiere. In una parola, non posso avere piena fiducia in alcuno che mi venga in aiuto nelle varie necessità, fuori che in te soltanto, mio Dio. “La mia speranza” e la mia fiducia sei tu (Sal 141,6); tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni momento. “Ognuno va cercando ciò che a lui giova” (Fil 2,21); e tu, o Dio, ti prefiggi soltanto la mia salvezza e tutto volgi in bene per me. Pur quando mi esponi a varie tentazioni e avversità, tutto questo tu lo vuoi per il mio bene, giacché quelli che tu ami usi metterli in vario modo alla prova; e in questa prova io debbo amare e ringraziare, non meno che quando tu mi colmi di celesti consolazioni.

In te, dunque, o Signore Dio, ripongo tutta la mia speranza; in te cerco il mio rifugio; in te rimetto tutte le mie tribolazioni e le mie difficoltà, ché tutto trovo debole e insicuro ciò che io vedo fuori di te. Non mi gioveranno, infatti, i molti amici; non mi saranno di aiuto coloro che vengono a soccorrermi, per quanto forti; non mi potranno dare un parere utile i prudenti, per quanto saggi; non mi potranno dare conforto i libri dei sapienti; non ci sarà una preziosa ricchezza che mi possa dare libertà; non ci sarà un luogo ameno e raccolto che mi possa dare sicurezza, se non sarai presente tu ad aiutarmi, a confortarmi, a consolarmi; se non sarai presente tu ad ammaestrarmi e a proteggermi. In verità, tutte le cose che sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno realmente felicità alcuna, se non ci sei tu. Tu sei, dunque, l’ultimo termine di ogni bene, il supremo senso della vita, la massima profondità di ogni parola. Sperare in te sopra ogni cosa è il maggior conforto di chi si è posto al tuo servizio. “A te sono rivolti i miei occhi (Sal 140,80); in te confido, o mio Dio (Sal 24,1s), padre di misericordia” (2Cor 1,3). Benedici e santifica, con la tua celeste benedizione, l’anima mia, affinché essa sia fatta tua santa dimora e sede della eterna gloria; e nulla si trovi in questo tempio della tua grandezza, che offenda l’occhio della tua maestà. Guarda a me, nella tua immensa bontà e nell’abbondanza della tua misericordia; ascolta la preghiera del tuo servo, che va peregrinando in questa terra oscura di morte. Proteggi e custodisci l’anima di questo tuo piccolo servo, nei tanti pericoli della vita di quaggiù; dirigila con la tua grazia per la via della pace, alla patria della eterna luce.

Amen.

Primo giorno da priore a Serra

Primo giorno da priore a Serra

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Grazie al contributo di un lettore e amico di Cartusialover, è stato possibile fare questo articolo. Egli infatti mi ha inviato delle immagini esclusive del primo giorno,  il 9 dicembre scorso, da Priore della certosa di Serra san Bruno di Dom Basilio Trivellato. Come vi ho riportato l’ex priore di Farneta ha sostituito Dom Jacques Dupont alla guida della comunità calabrese. Ma veniamo alle immagini che vi mostro. Sono delle foto realizzate amatorialmente, ma sono apprezzabili per la spontaneità e la tempestività del nostro caro amico. In esse si vede il priore che indossa un k-way blu sopra l’abito monastico, egli è in compagnia di un confratello che evidentemente gli mostra il perimetro della certosa. La passeggiata, li ritrae nei pressi della Torre di san Michele davanti all’ingresso del museo della certosa. Ringrazio a nome di tutti Girolamo Onda che mi ha offerto il materiale fotografico, e colgo l’occasione per porgere il mio benvenuto a Dom Basilio Trivellato.

1 Dom Basilio Trivellato

2 Dom Basilio Trivellato

3 Dom Basilio Trivellato

4  Dom Basilio Trivellato

“Parole dal silenzio” nona puntata

“Parole dal silenzio” nona puntata

(Trasmissione radiofonica)

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La nona puntata di “Parole dal silenzio”, viene trasmessa dopo la notizia che Dom Jacques Dupont lascia la Certosa di Serra San Bruno. L’ex priore si recherà a Roma per meglio adempiere al suo ruolo di Procuratore Generale dell’ordine. Nella trasmissione oltre a diverse interviste potremo ascoltare  Dom Jacques, il quale si racconta e poi, con grande emozione, porge un saluto alla cittadinanza di Serra ed a tutti i radioascoltatori. Ricambiamo idealmente il suo saluto, augurandogli un fervido e felice percorso nel suo nuovo impegno romano.

Buon ascolto

I tumulti dell’anima (Dom Giovanni Giusto Lanspergio)

I tumulti dell’anima

(Dom Giovanni Giusto Lanspergio)

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Eccovi una considerazione di Dom Giovanni Giusto Lanspergio, il noto autore certosino che nella sua Opera omnia si esprime sui tumulti che si abbattono talvolta sulla nostra anima.

“Ogni volta che (il tu sottinteso è riferito all’anima) sei tentata d’ira, di impurità,  di superbia e di altri vizi, guardati dal darne segno all’esterno, ma fatti forza e soffoca in te ogni moto…Torno di nuovo a dirti di non cedere alle tentazioni per pigrizia, disperazione eccetera, ma continua a combattere. Ogni volta  poi che dovessi cadere, rialzati e rimettiti nel proposito fatto. Sforzati di essere laboriosa, vigilante, ma alla fine non puoi attribuire alcuna cosa nè alla tua laboriosità, nè alla tua vigilanza, perchè senza la mia virtù e grazia non puoi liberarti nemmeno del minimo vizio. Non credere però di acquisire le mie grazie, le virtù, il profitto e la santità con un unico sospiro e con una sola battaglia. Io esigo da te impegno, umiliazioni, lotta assidua condotta con fedeltà, speranza, fiducia e instancabile costanza.”