• Translate

  • Follow us

  • Memini, volat irreparabile tempus

    Maggio: 2024
    L M M G V S D
     12345
    6789101112
    13141516171819
    20212223242526
    2728293031  
  • Guarda il film online

  • Articoli recenti

  • Pagine

  • Archivi

  • Visita di Benedetto XVI 9 /10 /2011

  • “I solitari di Dio” di Enzo Romeo

  • “Oltre il muro del silenzio”

  • “Mille anni di silenzio”

  • “La casa alla fine del mondo”

  • Live from Grande Chartreuse

  • Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi e-mail.

    Unisciti a 685 altri iscritti
  • Disclaimer

    Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.


Commemorazione dei defunti

monaco-e-cimitero

“La morte non è spegnere la luce. Si sta mettendo la lampada perché l’alba è arrivata. “(Tagore)

Commemorazione dei defunti

Oggi in occasione della celebrazione della commemorazione dei defunti, cari amici, voglio offrirvi un testo estratto da un libro scritto da un certosino. Egli in questo capitolo, dopo una premessa sul senso della morte per un monaco certosino, ci descrive minuziosamente cosa avviene in una certosa quando muore un loro confratello. Ho trovato questo testo alquanto interessante.

La morte per un monaco certosino

La vita dei certosini diventa una preparazione alla morte. Non c’è niente di strano che il certosino la accetti e la riceva quando arriva, senza quasi essere sorpreso o intimidito. Il che non significa che lui provi il disgusto naturale e l’orrore istintivo che lei le ispira.

Perché quella è la morte: la separazione da tutte le cose, da tutto ciò in cui è posto tutto l’affetto; la violenta rottura del legame naturale così stretto e che unisce intimamente e strettamente il corpo con lo spirito che lo anima. Un mistero tanto facile da capire quanto da spiegare. La morte ci disgusta e ci fa orrore perché per noi non dovrebbe esistere. Nel disegno di Dio, siamo stati creati per l’immortalità; Ma quei disegni furono derisi dai nostri primogenitori, che violando il precetto che Dio aveva dato loro, aprirono la porta attraverso la quale il peccato entrò nel mondo e con esso la morte.

Due visioni completamente diverse della morte ci vengono offerte nelle Sacre Scritture. Nei libri dell’Antico Testamento, la morte è rappresentata in un aspetto terrificante; ci viene mostrato come realmente era allora, come strumento di giustizia divina, come vendicatore di un Dio offeso e irritato. La morte era così terrificante in quel momento, perché l’eco paurosa della maledizione abbattuta da Dio su Adamo poteva ancora essere udita echeggiare nello spazio: “Polvere tu sei ed in polvere ritornerai“.

Dopo la venuta di Cristo, o meglio, dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo in cui si è mostrato liberatore dal peccato e dalla morte, la morte è stata vinta e disarmata, insieme al peccato. Per questo, da quando è morto, senza essere soggetto all’impero della morte, ha cessato di essere quello di prima. Nella lingua dei primi cristiani, la morte era rappresentata sotto l’immagine pacifica del sonno. Di coloro che sono morti si diceva che si erano addormentati nel Signore, morire per loro era semplicemente passare dalla vita temporale a quella eterna. Si riduceva, quindi, a un cambiamento di vita, o meglio, a una trasformazione.

Quella che non sarà mai è la morte in cui l’anima muore. Questa seconda morte, in cui è fissato per sempre l’orrendo destino dell’anima e del corpo, è quella che infonde nella prima lo stesso orrore e lo stesso timore che chi non ha i conti della propria coscienza ben adattato a Dio; quelle angosce e quelle difficoltà sono completamente sconosciute nelle nostre Case. La cosa ordinaria è che, quando arriva, viene accolto senza il minimo segno di allarme o di preoccupazione, con calma, con ogni rassegnazione.

Ci sono casi di religiosi a cui il pensiero della morte abbatte il loro spirito e li spaventa; Ma quando la vedono arrivare o affrontarla, sentono il terrore svanire all’improvviso e muoiono sereni, in pace e grazie a Dio, con la supplica sulle labbra alla loro benedetta Madre di essere presente alla sua morte e di proteggerla e difenderla nel suo ultimo minuto.

Più frequente è quello dei religiosi che non hanno paura della morte, ma al contrario la desiderano e la aspettano, e quando arriva, la ricevono pieni di gioia e di felicità.

corteo funebre

La cerimonia di sepoltura nelle certose.

Non appena si realizza la morte, davanti al cadavere vengono recitati i cinque salmi e le preghiere prescritti dallo Statuto. Subito dopo viene comunicato ai Fratelli che verranno ad avvolgerlo. Vestito con le sue vesti ordinarie, sdraiato sulla bara, entrambe le mani incrociate sul petto, il rosario appeso al collo, con la croce processionale in testa, il secchiello dell’acqua santa a sinistra e ai suoi piedi la candela gialla accesa che non si può spegnere finché non sarà sepolto, la veglia del cadavere inizia a alternarsi Padri e Fratelli ogni mezz’ora, senza interrompere un solo istante.

Un quarto d’ora prima dei Vespri, la Comunità si riunisce in chiesa e da lì, processionalmente, si reca alla cella del defunto. Di fronte c’è un Fratello con la ciotola dell’acqua santa; alle sue spalle, il Fratello con la sua candela accesa, seguito dall’ultimo novizio che porta la croce, volgendo il volto alla Comunità; poi il Procuratore con l’incensiere e il Priore vestito di stola nera. E dopo di lui, i monaci in ordine di anzianità. Arrivati alla cella, si allineano su entrambi i lati del chiostro. Il novizio con la croce sta alla testa della bara; il Fratello, con la candela in basso, e il Priore al centro. Quindi, canta il Pater Noster , che prega in silenzio mentre asperge il cadavere e incensa la croce. Finito il Pater Noster, la Comunità ritorna in chiesa nello stesso ordine; i monaci, incappucciati, cantano salmi e dietro di loro i quattro Fratelli che guidano la bara.

Mentre la bara entra nel coro dei Fratelli, il cadavere coperto da un panno tessuto di criniera come l’abito che indossava in vita, il Cantore canta il solenne responso Credo quod Redemptor meus vivit… .“Credo che il mio Redentore vive… e nell’ultimo giorno risorgerò dalla polvere della terra, e che vedrò con questi miei occhi in questa carne il mio Dio mio Salvatore”.

sepoltura

Cantando questo salmo, la bara rimane nel coro dei Fratelli con la croce in testa e la candela accesa ai piedi. I monaci iniziano a cantare i Vespri del Giorno, a cui fa seguito l’ Agenda , come chiamiamo l’Ufficio completo dei Morti nella Certosa.

Il giorno successivo il Priore celebra la messa funeraria, dopodiché torna in sacrestia, si toglie la casula e attende qualche istante per dare il tempo ai monaci e ai confratelli di occupare il posto che corrisponde a ciascuno. I monaci sono disposti lungo i rispettivi stalli del coro; ed i Fratelli sono raggruppati nel coro dei monaci.

Il Priore esce dalla sacrestia, si mette al centro della chiesa a un lato della bara, di fronte a lui, e intona il Pater Noster, che prega a bassa voce, asperge il cadavere e lo incensa dopo averlo fatto attraversando. Il Cantore intona la risposta Credo quod Redemptor meus vivit… che è seguita da altre due.

Dopo che le risposte sono state cantate, vengono suonate tre lente campane, ripetute due volte, che è l’avvertimento che il cadavere viene condotto al cimitero, che sarà eseguito in processione con lo stesso ordine di quando il coro dei Fratelli è stato condotto dalla sua cella. All’uscita, il Cantore canta il salmo In exitu Israel of Egypt… che continuano i Padri, che non smettono di cantare salmi se non dopo la sepoltura.

Proprio nel momento della partenza inizia a suonare la campana che accompagna il corteo che avanza lentamente; si attraversa il chiostro, e quando si entra nel chiostro grande, i rintocchi della campana si fanno così intensi da attutire la voce dei Padri. Quando la processione è arrivata al cimitero, Padri e Fratelli stanno intorno alla tomba, i padri cantano o suonano incessantemente la campana.

Quando la bara arriva, viene lasciata ai piedi della tomba. In testa sta l’ultimo Novizio che porta la croce e, a destra, il Priore con chi porta il turibolo e l’acqua santa, che appena arrivato intona con voce sottomessa, il Pater Noster che prega in silenzio per l’eterno riposo del defunto. Dopo quella preghiera, recita una più lunga e poi benedice la fossa, spruzzandola con acqua santa e incensandola.

I Fratelli rimuovono il cadavere dalla bara e lo abbassano sul fondo della fossa profonda cinque piedi. Dopodiché, un Fratello presenta al Priore una pala carica di terra, che scarica sulla fossa; allo stesso tempo, altri Fratelli separano le assi che sostengono il cumulo di terra accumulato, sul bordo, che crolla con un ruggito sordo e pauroso; quindi riuniscono la terra rimanente fino a coprire completamente la fossa. Fatto ciò, attaccano alla sua testa la croce di legno alla cui ombra e sotto la cui protezione riposerà il defunto.

Entierro

Il Priore, durante la sepoltura, recita a bassa voce le preghiere del Rituale Certosino. La salmodia dei Padri continua intanto, così come il rintocco della campana.

Alla fine dei quattordici o quindici salmi (cantati dai Padri), il Priore canta ad alta voce il Pater Noster, cosparge il tumulo e lo incensa come la croce. Quindi, con l’issopo in mano, fa il giro del cimitero, cospargendo e tombe, e lo lascia seguito dalla Comunità che lo accompagna cantando il salmo “ Miserere …” e il ” De profundis” fino a Chiesa.

In piedi davanti al conferenziere e ai monaci seduti ai loro posti, recita una preghiera per tutti i fedeli defunti dai quali si congedò con il suo Requiescat a passo. Fatto ciò, si reca, seguito dai monaci, alla Sala Capitolare, dove, detta una preghiera per il defunto davanti all’altare, si siede ai piedi di esso e fece loro un breve discorso, generalmente un commento sul testo evangelico: “finché hai luce, cammina, perché le tenebre non ti sorprendono”.

Al termine di questo breve intervento, raccomanda ai suoi ascoltatori di richiedere al defunto i suffragi che gli sono dovuti nello Statuto … un certosino cadrebbe nel profondo del purgatorio se, nonostante i tanti voti con cui viene aiutato quotidianamente, Messe, indulgenze, servizi per i defunti, ecc., La sua partenza avrebbe dovuto essere ritardata a lungo.

Il giorno della sepoltura è quello della solitudine assoluta e del raccoglimento rigoroso. Tuttavia, quel giorno la riflessione è fatta senza di lui; non per celebrare la partenza di chi è stato assente, ma per rafforzare ulteriormente i legami di fratellanza tra coloro che rimangono. La lettura, che come di consueto si fa in refettorio, affronta sempre il tema di come deve essere onorata la memoria dei defunti e cosa possiamo e dobbiamo fare a loro favore e in loro aiuto, come spiega sant’Agostino in una sua predica, che è il testo letto più spesso in questo caso.

nel cimitero

Una nota curiosa per finire:

Nel Capitolo Generale dell’Ordine che si tiene ogni due anni nella Grande Certosa si legge in prima seduta l’elenco dei defunti di quell’anno con l’indicazione dei loro nomi e della Casa in cui è avvenuta la morte. Viene indicata anche l’età del defunto se supera i limiti di quella che è considerata una vita ben realizzata in Certosa, e quella degli anni di professione se raggiungono i regolamenti. Ora, se qualcuno dei defunti ha dato prova costante per tutta la sua vita religiosa di essere stato un esemplare molto religioso, perfetto esempio della più rigorosa osservanza regolare, senza lacune o eclissi, senza ombre di alcun tipo e questo è stato registrato il voto unanime del religioso della sua Casa, poi, quando si fa la lista dei morti lì, è conveniente sapere:

“In una casa del genere moriva un tale religioso, qui laudabiliter vixit in Ordine”.

La lode, come puoi vedere, non potrebbe essere più modesta; Ma in tutto il XX secolo, meno di una dozzina sono state giudicati degni meritevoli. Per dimostrare che non è così facile vivere lodevolmente nella Certosa come chiunque potrebbe immaginare …

Non si parla di anni di professione se non raggiungono i cinquant’anni, né di età se non raggiungono gli ottanta. L’età di ognuno di loro verrà registrata nel registro della casa.

interro a Farneta

Il “cardinale della pace” e La Valsainte

5444_francisco-de-asis-vidal-y-barraquer

In un precedente articolo, da questo blog, vi ho già parlato del privilegio del cardinale svizzero Charles Journet, che ottenne di essere seppellito nel cimitero della certosa di La Valsainte. Oggi, invece vi parlerò di un altro cardinale che per trentacinque anni è stato sepolto sull’altare maggiore della certosa svizzera.

Ma ciò, come fu possibile?

Proverò ad illustrarvi questa vicenda, che portò il cardinale spagnolo Francisco de Asís Vidal y Barraquer a trovarsi in certosa nel giorno della sua morte.

Egli nacque a Cambrils, a sud di Barcellona il 3 ottobre del 1868. Dopo aver completato gli studi liceali ed in seguito aver conseguito la laurea in giurisprudenza, esercitò la professione forense per qualche tempo, ma nel 1895 decise di entrare in seminario a Barcellona. Ordinato sacerdote il 17 settembre 1899, esercitò il ministero nella curia della sua diocesi. Il 10 novembre del 1913 fu consacrato vescovo titolare di Pentacomia e l’anno successivo nominato amministratore apostolico della diocesi di Solsona. Il 7 maggio del 1919 fu inviato alla sede arcivescovile di Tarragona. Nel concistoro del 7 marzo 1921 Papa Benedetto XV lo elevò al rango di cardinale.

Durante la sua attività, in Spagna vi furono eventi politici che ne determinarono il corso della sua esistenza. Fu dapprima accusato ingiustamente di essere catalanista e quindi avverso alla monarchia, mentre successivamente, allo scoppio della guerra civile nel 1936, conobbe personalmente gli orrori della persecuzione anticlericale. Il 21 luglio 1936 lasciò il suo palazzo arcivescovile e fu trasferito a Poblet, dove fu arrestato due giorni dopo da elementi della FAI (Federazione Anarchica Iberica) e imprigionato a Montblanch, ma riuscì a farsi liberare ed il 30 luglio si imbarcò a Barcellona per l’Italia, passò per Roma e in seguito si stabilì nella Certosa di Farneta, vicino Lucca, dove vi rimase fino al 1939. Trascorse un periodo tra le mura certosine, dedicandosi al silenzio ed alla preghiera, riuscendo a conciliare i suoi impegni.

Il “cardinale della pace”, come era ribattezzato Vidal y Barraquer si rese protagonista di un episodio che lo costrinse a rimanere in esilio per il resto della sua vita terrena. Difatti egli si rifiutò di firmare la lettera collettiva dell’episcopato spagnolo che rappresentava l’approvazione di una delle due parti in lotta. Il suo atteggiamento pastorale non gli permise di escludere nessun cittadino spagnolo dalla sua attività a favore della pace. Il cardinale addirittura si offrì come ostaggio per evitare gli eccessi dei suoi compatrioti. Per questa sua decisione, il governo del dittatore Francisco Franco si oppose al suo ritorno a Tarragona, una volta terminata la guerra. E’ singolare che nonostante la lontananza forzata dalla sua diocesi, Papa Pio XII non chiese mai le sue dimissioni, tenendolo sempre a capo dell’arcidiocesi. Si narra che gli inverni li trascorreva a Farneta, mentre nel periodo estivo si recava alla certosa svizzera di La Valsainte. A causa delle turbolenze della guerra mondiale, decise di rimanere nella certosa elvetica ritenuta più sicura poichè sita in territorio neutrale.

Lunedì 13 settembre del 1943, all’età di 74 anni il cardinale Francisco de Asís Vidal y Barraquer, morì in esilio.

Cardinale Vidal

La cerimonia funebre fu caratterizzata da una solenne semplicità, il Padre Priore Dom Nicolas Barras e tutta la comunità certosina di La Valsainte si strinsero al feretro da loro composto, alla presenza di pochissimi amici, tra cui monsignor Charles Journet. Successivamente le spoglie mortali del cardinale furono sistemate sull’altare maggiore della chiesa della certosa, dove rimasero per trentacinque anni. Difatti, nel suo testamento egli espresse il desiderio che le sue spoglie potessero essere trasferite un giorno nella cattedrale di Tarragona, e sepolte vicino alla tomba del suo vescovo ausiliare, Manuel Borrás. Queste volontà testamentarie furono finalmente esaudite il 13 maggio del 1978.
Questa storia che vi ho voluto narrare fa luce su un personaggio dedito alla pace che visse in un periodo tormentato da violenze e persecuzioni, e che trovò ospitalità presso i certosini.

altare dove riposavano i resti

Oggi a La Valsainte vi è una targa che ricorda quella particolare sepoltura con l’iscrizione: “Ho amato la giustizia e ho detestato l’iniquità; ecco perché muoio in esilio. 13 settembre 1943 “. D’altronde va ricordato che il motto episcopale del cardinale Vidal era: diligite alterutrum” (“amatevi l’un l’altro”).

1

I Priori Generali sepolti in Italia

Nell’articolo di oggi voglio parlarvi della inconsueta sepoltura di tre Priori Generali dell’Ordine certosino. Difatti, contrariamente al solito, ovvero che colui che ricopre l’incarico di Priore della Grande Chartreuse è allo stesso tempo Priore Generale, e quindi alla fine dei suoi giorni è seppellito nel cimitero con le croci di pietra ad essi dedicato (nella foto).

Ma cosa ha impedito questa consuetudine?

A seguito della ignobile espulsione subita dai certosini della Grande Chartreuse il 29 aprile del 1903, frutto di odiose leggi anticlericali andate in vigore in Francia a seguito della Rivoluzione e che si concluderanno con la definitiva separazione tra Stato e Chiesa avvenuta nel 1905, la comunità espulsa trovò rifugio nella certosa di Farneta.

Fu così che il 10 novembre del 1903 l’Ordine certosino dovette riacquistare la certosa di Farneta, nel frattempo diventata proprietà privata. Difatti, l’eremo certosino toscano nel1806 a sua volta era stato soppresso, come tutti gli ordini religiosi dello stato lucchese, ed anche i certosini di Farneta furono così costretti ad abbandonare il monastero.

I monaci della Grande Chartreuse espulsi dalla Francia poterono così trasferirsi “in esilio” a Farneta. La certosa di Farneta diventava così la Casa Generalizia dell’Ordine ed in essa vi furono trasportati, tra l’altro l’importante archivio e la grande biblioteca provenienti dalla Grande Chartreuse..

Ma la piccola certosa, in disuso da un secolo, non era pronta per tornare alla sua antica destinazione. Si rese necessario l’ampliamento della casa per poter accogliere i Priori del Capitolo Generale e per ospitare la comunità della Grande Chartreuse. Un lavoro considerevole fu intrapreso e svolto con rapidità, nonostante le numerose difficoltà La vecchia struttura della certosa fu completamente rispettata e restaurata ed il numero delle celle fu triplicato, l’intero chiostro prese la graziosa forma di un immenso colonnato rettangolare, la cui profondità ricorda in qualche modo il chiostro della Grande Chartreuse. Sul fronte furono costruiti due grandi edifici, uno per gli ospiti e per i Priori ospiti del Capitolo Generale, l’altro per i Fratelli e per le obbedienze.

Nel 1903 e nel 1904, non potendo convocare il Capitolo Generale a Farneta, il Reverendo Padre ottenne dalla Santa Sede l’autorizzazione a riunirlo presso la Certosa di La Valsainte, in Svizzera. Fu lì che si tenne effettivamente l’incontro del 1904. Fu stabilito che il governo dell’Ordine, con il Reverendo Padre ed il Capitolo Generale, avrebbe avuto come sede Farneta.

Nel 1905, per la prima volta, si riunì a Farneta il Capitolo Generale.

Rara immagine del Capitolo generale del 1905 alla certosa di Farneta

Rara immagine del Capitolo generale del 1905 alla certosa di Farneta

I tre Priori Generali a Farneta dal 1903 al 1940

Tre quindi furono i Priori Generali che si susseguirono in questo periodo, e che quindi morirono e non furono sepolti nel cimitero delle croci di pietra della Grande Chartreuse.

  • 1892-1905 : Michele Baglin
  • 1905-1911 : Renato Herbault
  • 1911-1938 : Giacomo Maria Mayaud

Dom Michel Baglin

Alfred – Louis Baglin, nacque a Château-Gonthier (Mayenne), il 15 novembre del 1839. Egli fece la professione solenne nella certosa di Notre Dame de Pres a Montreuil il 3 giugno del 1883. Fu eletto priore di Valbonne, e successivamente, nel 1892 fu incaricato come Priore Generale alla Grande Chartreuse. Ebbe il compito di organizzare le case rifugio, durante l’espulsione subita nel 1901. Rimase in tale incarico fino al 1905, quando decise per motivi di salute di ritirarsi, ottenendo misericordia, gli fu restituita così la pace, il silenzio, la felicità nascosta e raccolta della vita di un semplice religioso, interamente consacrato a cercate solo Dio. Scelse di ritirarsi alla certosa di Calci, Si narra che un anno dopo, alcuni Priori, venuti al Capitolo Generale e di passaggio a Pisa, si fermarono per alcune ore nella certosa dove si era ritirato Dom Michel, volendo salutare di passaggio il loro ex Generale. Era l’ora del lavoro manuale e lo trovarono nel suo giardino, con un grembiule da lavoro, la vanga in mano, calzato con zoccoli terrosi e copiosamente sudato! La vita certosina ha questi contrasti e questa semplicità…

A Calci terminò i suoi giorni terreni il 20 gennaio del 1922 dove fu sepolto.

Dom Renè Herbault

René-Marie Augustin Herbault nacque a Fontevrault, nella diocesi di Angers, il 2 febbraio del 1844. Entrò nella Grande Chartreuse e fece la professione il 22 gennaio del 1868. Successivamente fu nominato Procuratore Generale a Roma, fu dunque eletto il 3 maggio 1905 Priore Generale della Grande Chartreuse esiliata a Farneta, come successore di Dom Baglin. Nessun fatto esterno molto saliente contraddistinse il suo generalato, egli è ricordato come un padre pieno di gentilezza. Religioso esemplare, con una modestia pari solo alla sua pietà, Dom René non ebbe la fortuna di vedere riaprire la Grande Chartreuse. Morì in carica il 14 dicembre 1911, dopo una brevissima malattia, e fu seppellito nel cimitero di Farneta.

Dom Jacques Mayaud

Pochi giorni dopo la morte di Dom René Herbault, si elesse Priore e Generale dell’Ordine Dom Jacques-Marie Mayaud, nato a Saumur, nella diocesi di Angers, il 28 novembre del 1855, e professo a Valbonne il 21 novembre 1887. Al momento dell’espulsione del 1903, Dom Jacques era al fianco di Dom Michel Baglin, di cui era lo scriba. Quando Dom René fu eletto Priore Generale nel 1905, Dom Jacques lo aveva sostituito a Roma come Procuratore Generale. Divenuto a sua volta Reverendo Padre nel dicembre del 1911, conobbe i tumulti della prima guerra mondiale. Dal 1915 al 1918 gli fu impossibile, nel blocco universale delle comunicazioni, convocare il Capitolo Generale.

Dom Jacques diresse e svolse in prima persona, l’opera di adeguamento degli Statuti certosini al nuovo Codice di Diritto Canonico, opera richiesta dalla Santa Sede. Nel 1930, Dom Jacques preparò anche con il Capitolo Generale, una nuova edizione dell’Ordinario o Cerimoniale Certosino.

Le sue infermità lo costrinse, all’inizio del 1938, a chiedere alla Santa Sede di accettare le sue dimissioni. Ottenne con soddisfazione misericordia il 19 febbraio. Dom Jacques morì il 29 ottobre dello stesso anno, e fu seppellito nel cimitero della certosa di Farneta.

Per completezza…

Il 2 marzo 1938, la comunità di Grande Chartreuse ospitata a Farneta elesse a Generale dell’Ordine, Dom Ferdinand Vidal, già procuratore dal 1930. Questi ebbe la pesante responsabilità seguita dalla grande gioia di riportare i certosini nella culla del loro Ordine, ma questa è un’altra storia che presto vi racconterò.

Soltanto nel 1940 la comunità poi poté rientrare in Francia, fatto che fu accelerato anche per l’ingresso in guerra dell’Italia contro la Francia. Con decreto della Santa Sede del 3 agosto 1940, la certosa di Farneta fu così costituita Casa regolare con proprio noviziato.

L’addio a Dom Marianus Marck

 

cemetery.jpg.

Nel precedente articolo, nel quale vi ho fatto conoscere Dom Marianus Marck, vi ho preannunciato che vi avrei offerto il titolo funebre. Esso fu dedicatogli da Dom Andrè Poisson, che all’epoca della morte di Dom Marianus era Priore generale dell’Ordine dei Certosini, e conosceva molto bene personalmente il compianto confratello.

Il 19 settembre 1997, all’indomani della sua morte nel momento della sepoltura nel cimitero della certosa della Trasfigurazione, Dom Poisson lesse questo splendido discorso.

“Dom Marianus era per me un vecchio amico, eravamo insieme in noviziato tanti anni fa e siamo rimasti in contatto quasi fino a quando non è arrivato qui alla Certosa della Trasfigurazione, ma sono convinto che la nostra amicizia fosse viva nonostante ciò con il silenzio che siamo stati costretti a mantenere a causa della distanza.
Lo ricordo in quel tempo lontano come una persona sorridente che ha imparato il francese con qualche difficoltà ma sempre con senso dell’umorismo.
Eravamo insieme sotto la responsabilità di un imponente maestro dei novizi che fu felicissimo di accogliere Dom Marianus, ma con il chiaro intento di dargli una vera formazione cartusiana, nonostante la sua precedente formazione benedettina in un monastero bavarese.
Ciò significava una inesorabile aggressività da parte del maestro dei novizi contro ogni forma di spirito benedettino. Dom Marianus probabilmente soffrì di questi attacchi, ma non perse mai il suo sorriso e le sue maniere aperte con il suo maestro dei novizi. Per quanto ricordo, ha sempre avuto fiducia e amicizia con lui.
Dopo la professione solenne, il primo incarico affidato a Dom Marianus fu a Parkminster, dove trascorse molto tempo imparando e praticando intensamente la contabilità, insieme ad alcune menti brillanti come il nostro attuale Procuratore Generale. Entrambi sapevano come mantenere il sorriso e la pace in questo lavoro.
Ma forse la cosa più importante di Dom Marianus è il fatto che all’epoca imparò l’inglese e un buon senso dell’umorismo.
In tutta onestà, devo ammettere che non ricordo affatto perché e come ho deciso di mandarlo alla Trasfigurazione, ma ricordo molto chiaramente quanto sia stato difficile per lui accettare per mesi e forse anni prima, rimanere qui perché sentiva una forte attrazione dalla spiritualità orientale.
Non posso dubitare della sua lealtà, ma ho sempre pensato che non fosse preparato per questa prova e, per quanto posso ricordare, Dom Raphael condivideva questo punto di vista.
Alla fine, ha accettato di cuore di essere il Procuratore della Trasfigurazione e ha mantenuto quella posizione per 20 anni per la gioia della comunità. Alla fine, quando divenne vecchio, fu nominato vicario.
Ad un altro livello divenne un prezioso confessore, pieno di discernimento e saggezza, con i monaci del monastero.
In generale, era una vita monastica meravigliosa, ma gli scopi del Signore erano più profondi. Mancava qualcosa a questa carriera monastica: un’esperienza umile e dolorosa della croce.
Lentamente Dom Marianus si accorse delle sconosciute deficienze psicologiche nell’equilibrio nelle sue reazioni, nel suo contatto con la realtà.
I medici non potevano aiutarlo: il suo contatto esterno è diminuito. Come sappiamo, i suoi ultimi anni quaggiù sono stati per lui una vera esperienza della Via Crucis: capite tutti cosa intendo.

In conclusione, vorrei ringraziare Marianus per il messaggio finale che ha dato al procuratore ed a me durante le brevi ore in cui eravamo con lui quando stava morendo. Di certo non si rendeva conto di quello che stava succedendo: avevamo davanti solo un povero corpo umano, sofferente in coma profondo fino al punto in cui il suo cuore si fermò, esausto.
E sapevamo interiormente che sarebbe poi entrato gradualmente in cielo davanti ai nostri occhi attraverso la Via Crucis, perché è amato da Dio”.

Amen.

immaginetta1

Gesù manda me!

Gesù, mio Signore e Signore, lo so

ogni individuo deve portare la tua luce dentro

cosicché irradia sulla patria e sul mondo.

Ecco perché sono responsabile anche per il futuro

della patria e della terra.

Gesù, mio Re, hai bisogno di uno in più tra i tanti individui

attraverso il quale vuoi espandere il tuo regno?

Quindi guardami: sono pronto!

Mi chiederai se ti amo

Ti amo.

Mi chiederai se voglio seguirti?

Voglio seguirti!

Mi chiederai se posso bere la tazza che hai bevuto?

Signore, per questo devi rafforzarmi.

Ti prego, prepariami per il tuo servizio sulla terra.

Voglio confessarti e onorarti attraverso l’azione e la vita.

immaginetta 2

Oh dio, aiuto.

Sei, oh Dio, il Signore dei mondi.

Sei l’unico obiettivo di tutte le nostre azioni.

Lascia che qualunque cosa accada conti come tua grazia

Siamo felici, soffriamo.

Aiutaci a gestire fedelmente il tuo feudo,

Stai fermamente con te, vero e chiaro.

Il tuo regno nella tempesta delle forze sataniche.

Vieni da noi, vieni dalla tua banda di soldati!

La morte in certosa

La morte in certosa

la certosa s. Ugo di Parkminster

Per celebrare la ricorrenza della “commemorazione dei defunti”, ecco a voi una commovente testimonianza.

Cari amici, prima di decidere di pubblicare l’articolo odierno, ho esitato tanto poiché esso contiene un documento filmato eccezionale e dal contenuto decisamente emozionante, , ma forse eccessivo, borderline con l’obiettivo di questo blog. Tuttavia avendone visto la diffusione in rete, ho deciso di proporvene la visione e di sottoporvi, in appendice, un breve questionario per conoscere il vostro parere. Io pur amando smisuratamente l’ordine certosino e tutto ciò che ad esso è legato, ed essendo convinto fautore della diffusione della conoscenza della profonda spiritualità di questo tipo di vita contemplativa, ho avuto forti perplessità nel diramarlo. Le motivazioni della mia esitazione vanno ricercate nella sensazione che ho avuto quando ho visto per la prima volta il filmato. Guardandolo, ho avuto un forte impatto emotivo, ed ho avuto la sensazione di aver forzato una porta stabilmente chiusa ed essermi intrufolato ad  assistere ad uno dei momenti più intimi e delicati che possono svolgersi tra le mura di una certosa. Voglio quindi che sia chiaro in voi, cari amici lettori, che in me non vi è nessuna intenzione di fare uno scoop, per il rispetto che nutro per la quiete monastica ed il nascondimento dei monaci. La storia della conversione del  personaggio protagonista della vicenda mi ha commosso ed intenerito.

E’ un reportage molto eloquente sulla cerimonia funebre e la successiva sepoltura di un fratello converso della certosa inglese di Parkminster. Si tratta del fratello converso John Roy, conosciuto come Fra Ciriaco, che è scomparso giovedì 30 maggio scorso a causa di un cancro che lo ha divorato negli ultimi sei mesi. Il compianto certosino era nato il 30 maggio del 1968 a Marade, Kochi, in India da Giovanni Maliyekkal e da Thankamma John, fu cresciuto ed educato  con sani principi. Terminati gli studi con una laurea in ingegneria, Roy ha iniziato a lavorare in una raffineria vicino Kochi nel Kerala. A causa del suo lavoro da ingegnere fu costretto a trasferirsi prima in Thailandia ed in seguito presso una raffineria in Qatar, dove conduceva una vita agiata poiché ben retribuito.

Ma è qui che interviene la Provvidenza, che stravolge le aspettative di vita del giovane Roy!!!

Egli infatti percepisce una profonda vocazione, che lo spinge ad abbandonare il prestigioso lavoro per ritornare a Kochi, laddove trascorsi cinque mesi, cominciò la sua attività caritatevole presso il Lourdes  Hospital di Kochi. Convintosi e confermata la sua vocazione decise di volare in Inghilterra per entrare tra le mura di una certosa, optando per la vita claustrale. Cominciò per Roy il periodo di postulato, trascorso il quale confermò la sua vocazione, vestendo l’abito di fratello converso a cui fece seguito il periodo di noviziato della durata di due anni. Ma il Signore ha voluto interrompere questo percorso, chiamando a sé il povero John Roy nel giorno del compimento del suo quarantacinquesimo anno. Alla famiglia che vive a Clydebank in Scozia vanno le mie condoglianze, esprimendo il cordoglio che mi permetto di esternare idealmente a nome di tutti i lettori di Cartusialover.

La cerimonia che vedremo si è svolta sabato 1 giugno 2013, alla presenza della comunità monastica  e di alcuni parenti maschi del defunto, i quali hanno assistito alla struggente funzione.

R.I.P.

Frate John Roy

α 30. 5. 68    Ω 30. 5. 13

Fra John Roy