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Immagini dallo Spaziamento

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Ben ritrovati cari amici dopo la consueta pausa estiva, nel riprendere le pubblicazioni ordinarie, oggi vi propongo un reportage particolare.
Come già accaduto in altre occasioni vi ho relazionato circa il cosiddetto grande spaziamento, ovvero un uscita dei monaci dalla certosa che prevede una vera e propria gita, della durata di un intera giornata, con uscita al mattino e rientro in serata, evento che accade due volte l’anno.

Questa volta, vi relazionerò circa quello effettuato lo scorso lunedì 3 luglio dai monaci della certosa di Serra San Bruno. Essi hanno scelto un luogo particolare, che dista oltre 50 chilometri dalla certosa, e situato sulla costa tirrenica della Calabria.

Il luogo scelto è stato Zungri, nota per la famosa “città di pietra“, un’affascinante insediamento rupestre, ma la visita in questa cittadina carica di spiritualità, ha riguardato in primo luogo il Santuario diocesano “Sancta Maria ad Nives”. Qui è custodito il prezioso dipinto raffigurante l’incontro tra la Madonna, il bambino Gesù, San Giovannino e Santa Elisabetta. L’opera, di epoca rinascimentale, secondo recenti studi appartiene alla bottega del noto pittore cinquecentesco Raffaello.

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Successivamente la visita si è spostata al “Museo della civiltà contadina” ed e poi proseguita all’insediamento rupestre. Qui i monaci, sempre gioiosi e sorridenti hanno esplorato le varie grotte in questo percorso misterioso suggestivo ed affascinante, ma anch’esso pregno di spiritualità.

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Le immagini che seguono ci testimoniano questa sporadica uscita dalla clausura, atta a ritemprare il fisico e lo spirito. Tra i monaci distinguiamo il Padre Priore Dom Ignazio, nonchè il precedente Priore Dom Basilio e Dom Jacques Dupont. Volti gioiosi e sereni che ci trasmettono quiete e giovialità.

Un libro per le vacanze

Copertina

Cari lettori, con l’articolo odierno voglio consigliarvi una lettura per le vacanze estive. “San Bruno e il monachesimo certosino”. Per Dom Jacques Dupont in vera amicitia

Trattasi di un libro che io definirei speciale, poichè è stato concepito dalla Comunità Certosina di Serra San Bruno e dedicato a Dom Jacques Dupont, per il compimento del suo settantacinquesimo anno d’età. Un bel gesto di amicizia e di amore nei confronti del Dom Jacques Priore della certosa calabrese dal 1993 fino al 2014. In un epoca contraddistinta dall’indifferenza e dall’aridità affettiva, impariamo dai monaci certosini, solitari e silenziosi, il sentimento dell’amicizia, dell’amore e della gratitudine. Ma ora vi lascio alla prefazione del libro che vi convincerà ad acquistarlo, per leggerlo e bearci del suo contenuto.

Qui il link per l’acquisto online.

«In vera amicitia itur proficiendo»

«Nella vera amicizia si progredisce camminando»

(Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale)

Prefazione

Questa raccolta di articoli e studi inediti, viene oggi pubblicata a cura della Comunità Certosina di Serra San Bruno e dedicata a Dom Jacques Dupont, Procuratore Generale dell’Ordine Certosino, che è stato Priore a Serra San Bruno per 21 anni, dal 1993 fino al 2014.

In tutti questi anni, e fino ad oggi, molti amici si sono avvicinati alla nostra comunità, creando legami di sintonia spirituale e di reciproco arricchimento; da qui la scelta dell’esergo, tratto da “L’amicizia spirituale” di Aelredo di Rievaulx. Un monastero certosino è una realtà molto separata dal mondo, con delle severe regole di clausura, che però non affievoliscono, anzi intensificano le autentiche relazioni spirituali.

Fra questi amici, molti ci hanno lasciato anche dei contributi, che vogliono esprimere soprattutto il loro amore per San Bruno e la spiritualità certosina; articoli, testi improvvisati, brevi saggi che, negli anni, si sono accumulati e che da tempo volevamo pubblicare in un volume unico.

Quale migliore occasione del 75° compleanno di D. Jacques, per ringraziare il Signore del dono dell’amicizia? Un dono molto importante per una comunità monastica come la nostra: noi abbiamo scelto di seguire Cristo solo nel deserto e Lui, chiamandoci a vivere la fraternità certosina, ci ha fatto scoprire l’importanza e la bellezza della comunione nella nostra vita di solitari. Saremo sempre grati per questo dono e per l’amicizia che continua a legarci a tante persone con cui il nostro cuore è in sintonia e con cui sappiamo di “progredire camminando”.

Un ricordo particolare va a quegli autori che non sono più con noi, ma che continuano a parlarci con i loro testi e a pregare, in comunione con noi, dal cielo: i due maestri di monachesimo Dom André Louf e Dom Réginald Grégoire, la cui sintonia spirituale e l’amicizia che ci hanno donato rimarrà sempre scolpita nei nostri cuori.

Un grazie di cuore a tutti gli altri autori, monaci, presbiteri o laici, che con i loro contributi hanno testimoniato la gioia e la bellezza.

I monaci di Serra San Bruno

Un’intervista a Dom Ignazio Iannizzotto

Dom ignazio Priore 2

Cari amici lettori, in questo articolo voglio offrirvi il testo di un’intervista rilasciata dal Padre Priore della Certosa di Serra San Bruno, Dom Ignazio Iannizzotto, lo scorso ottobre. Egli ha risposto ad alcune interessanti domande postegli dal giornalista calabrese Pino Nano, che parla ammirato del religioso certosino. Imperdibile!

Ed eccola per voi.

3 ottobre 2022

Da 30 anni il Padre Priore della Certosa calabrese di Serra San Bruno vive la magia del silenzio e i segreti della clausura in un eremo tra i più belli del mondo, nel cuore di una biblioteca storica che lui conosce come le sue tasche. Una storia di grande fascino.

Se dovessi usare un aggettivo forte di questo religioso che oggi è il Padre Priore della Certosa di Serra San Bruno, Padre Ignazio Iannizzotto, direi che la Chiesa internazionale dei frati certosini non avrebbe potuto scegliere di meglio. L’aggettivo è “affascinante”, ma è molto meno di quello che in realtà è la storia privata di questo avvocato siciliano “prestato” alla fede.

Padre Ignazio da quanto tempo lei vive in questa Certosa? Conosceva già questo monastero, questo posto?

La sua domanda cade proprio in un momento particolare per me, perché sono entrato in questo monastero esattamente 30 anni fa, nell’ottobre del 1992, e vi sono rimasto ininterrottamente fino ad oggi. Avevo già sentito parlare della Certosa di Serra San Bruno e dell’ordine certosino, perché mi interessavo molto al monachesimo; durante le vacanze, sia nel periodo dell’università, sia quando lavoravo, mi capitava spesso di visitare qualche monastero, in Italia o all’estero, ma non avevo mai visto una Certosa, per questo ho chiesto di provare questa vita e mi ha subito sedotto”.

Dom Ignazio Iannizzotto, il fascino discreto del grande intellettuale lo si coglie con mano anche a distanza, senza vederlo, senza poterlo guardare negli occhi, dialogando con lui via internet, è il segno dei tempi, ma è nelle parole che ci trasmette e ci trasferisce la vera forza di questo sacerdote di clausura che da 30 anni vive nel silenzio della Certosa di Serra San Bruno.

Dom Ignazio Iannizzotto è il testimone più vero di questo tempio di preghiera, dove uomini senza tempo e senza nome, di ogni estrazione sociale, di ogni cultura, di ogni periferia diversa del mondo, hanno scelto di vivere lontani dal mondo per aiutare con la propria preghiera il mondo a redimersi .La storia che vi raccontiamo è una storia di rinunce e di preghiere, di silenzi e di meditazione, di canti e di tante albe trascorse al freddo di quella che oggi viene considerata una delle poche certose vive esistenti al mondo. Quando diciamo certose vive intendiamo dire certose vissute da monaci che trascorrono dentro queste mura tutta la loro vita nel silenzio e lontani dal mondo. Avvocato, letterato, teologo, bibliotecario, conoscitore come nessun altro delle regole cristiane della meditazione, riconfermato dal Capitolo Generale della Grande Certosa di Grenoble Padre priore dell’eremo di Serra San Bruno, padre Ignazio è certamente un testimone del nostro tempo, uomo informatissimo, filosofo e intellettuale della Chiesa di Francesco più di quanto non potrebbe esserlo un vescovo o un cardinale, innamorato del suo mondo come da ragazzo potrebbe essere stato di una delle sue compagne di scuola in Sicilia da dove proviene, uomo semplice e carismatico che non si nega mai a nessuno, anzi fa di tutto per spiegare che il silenzio e l’isolamento in cui vive un monaco certosino è solo apparente. Perché dietro questa barriera di distacco che sembra a volte insormontabile c’è un filo che lega ognuno di loro al resto del mondo esterno, lasciatosi alle spalle tanto tempo fa per via di una vocazione forte e irrinunciabile. Del mondo esterno dom Ignazio sa tutto quello che un uomo di Chiesa deve sapere, sa della guerra, sa della depressione economica, sa della crisi morale, sa dei rapporti internazionali difficili tra paesi lontani, sa della fame che nel mondo attanaglia milioni di persone, sa del dolore di chi vive in miseria, sa della ricerca avanzata che in questi anni ha prodotto miracoli, sa soprattutto che milioni di uomini e donne non hanno mai perso la speranza di credere in Dio. E lui si sente paladino di questa missione divina, straordinaria, quasi visionaria del mondo, perché la preghiera –prova a spiegarci- è un’arma letale contro il male che pervade l’umanità.

Dom Ignazio, posso chiederle come nasce la sua vocazione personale? Ha detto che ha studiato e lavorato, di cosa si occupava?

Mi sono laureato in legge all’università di Catania e per alcuni anni ho svolto la professione di avvocato. Le dico subito che la mia vocazione non è stato un rifiuto di ciò che vivevo, come se tutto fosse negativo; ho amato molto il mio lavoro e il servizio che svolgevo. La mia vocazione probabilmente è nata molto prima, quando ho cominciato a interessarmi dell’interiorità e ho scoperto che negli uomini di tutte le culture esiste un anelito al profondo, e quindi all’incontro con Dio, che poi ho scoperto come “monachesimo”.

Che famiglia ha lasciato fuori da qui in Sicilia. È mai riuscito a convincere i suoi genitori della giustezza della sua scelta monastica?

Ricorderò sempre con immensa gratitudine la bellezza e la serenità della famiglia che il Signore mi ha donato; i miei genitori erano dei credenti, forse un po’ all’antica, ma di una grandissima apertura mentale, che li rendeva capaci di una straordinaria accoglienza e generosità verso tutti. Quando ho scelto di diventare monaco, mio padre non c’era più, e quando ne parlai con mia madre, mi ricordo perfettamente lo sforzo che ha fatto per non farmi percepire il suo dispiacere, anzi mi ha detto subito: “se è questo che il Signore ti chiede, sia benedetto il tuo cammino”. Credo che mia madre sia la persona che più mi ha sostenuto nella mia vocazione, fino al giorno della sua morte, che ho vissuto dalla Certosa con molta serenità, perché dopo tanti anni di vita monastica si impara a vivere le relazioni in modo molto profondo, senza bisogno di contatti materiali.

Come ricorda gli anni della sua infanzia?

Ho una grande riconoscenza per tutto ciò che ho vissuto nella mia terra e per tutto ciò che essa mi ha donato. Ricordo con grande simpatia una conversazione fatta da bambino con mio nonno, che mi diceva: “Noi siciliani abbiamo il sangue di tutti i popoli del mondo: dei greci, dei romani, degli africani, degli ebrei, degli arabi, dei normanni, degli spagnoli, e di tanti altri. E se tu hai il sangue degli altri popoli, vuol dire che sei fratello di tutti”. Questa frase, ascoltata da bambino, mi ha sempre accompagnato tutte le volte che ho riflettuto sulle caratteristiche della cultura siciliana e sulla sua ospitalità.

Se tornasse indietro,rifarebbe questa scelta? -Ha mai pensato per un solo istante della sua vita di tornare tra la gente?

Rifarei questa scelta senza alcun dubbio!

Credo che il dono più bello che un uomo possa ricevere è di essere felice delle scelte che ha fatto nella propria vita, e quando si sceglie di fare la volontà del Signore si vive una gioia immensa, quella stessa gioia che traspariva continuamente dal volto del nostro Padre san Bruno. Per questa gioia del cuore e per questa misteriosa pace interiore, non ho mai pensato di tornare nel mondo; noi monaci impariamo ad essere vicini a tutti, anche rimanendo separati da tutti.

Non le mancano i suoi affetti passati?

I certosini non rinunciano agli affetti, semplicemente li vivono in un modo differente, più profondo e meno legato al bisogno di contatti. Questo livello più profondo delle relazioni viene subito percepito dai nostri parenti e dai nostri amici, che scoprono subito quanto gli affetti veri ne vengano arricchiti.

Come scorre la vostra giornata tipo? Continuate a svegliarvi di notte per i canti gregoriani?

La preghiera notturna rimane ancora, dopo tanti secoli, una parte fondamentale della nostra liturgia. Ci alziamo a mezzanotte per recarci in chiesa e insieme pregare i salmi, è la nostra preghiera più nascosta, ma forse quella che ci fa sentire più vicini all’umanità sofferente: gli ammalati e coloro che li assistono vegliando, le famiglie afflitte dalle difficoltà, coloro che avendo perso la gioia e la speranza vivono quelle ore tentando di dimenticare; tutta un’umanità che accogliamo nella nostra preghiera notturna e presentiamo al Signore Misericordioso. Gli altri momenti di preghiera comune sono la Messa al mattino e i Vespri alla sera, il resto della giornata viene vissuto da ogni monaco nel silenzio e nella solitudine del proprio eremo, dove prega, lavora, studia, consuma i pasti, vive “solo con Dio solo”.

La regola del silenzio e della clausura è ancora ferrea come lo era in passato?

Il silenzio è il cuore stesso della nostra vocazione perché è il luogo dove si incontra quel Dio che cerchiamo. La clausura custodisce questo silenzio e ci aiuta a viverlo in pienezza; gli antichi monaci, come anche San Bruno, non avevano bisogno di mura di clausura, perché vivevano nel deserto o nelle montagne boscose, oggi invece siamo a maggiore contatto con i luoghi frequentati, quindi è necessario creare un deserto attorno a noi per vivere la solitudine e il silenzio a cui siamo chiamati.

C’è differenza tra la clausura dei frati e quella delle suore?

Sostanzialmente le regole sono uguali. L’unica differenza è che noi monaci possiamo accogliere, in casi speciali e col permesso dei superiori, degli ospiti in Chiesa per pregare con noi, ma soltanto uomini, perché alle donne non è consentito entrare in clausura, secondo un’antica regola monastica, che è presente anche in diversi altri ordini.

Qual è la cosa che più le pesa di questo silenzio e di questa chiusura al mondo esterno? Non vi manca l’amore di una compagna? Come vivete questo vuoto dell’anima?

È un po’ difficile da spiegare, ma la vita monastica non è vuoto, ma pienezza; il silenzio e la solitudine che, come ogni cosa, all’inizio richiedono uno sforzo formativo, nel monaco diventano fonte di gioia e di pace. Questa gioia e questa pace nascono dalla percezione dell’amore di Dio, che ci ha chiamati a vivere in intimità con Lui; quindi la nostra solitudine diviene relazione, il nostro silenzio è pienezza e la nostra castità non è certo rinuncia, ma approfondimento dell’amore.

Quanti sono oggi i confratelli che vivono qui con lei? Che esperienze hanno alle spalle?

Oggi la nostra comunità è composta da quattordici monaci, provenienti dai vari contesti e nazionalità, abbiamo ben otto nazioni rappresentate tra noi. Questa è stata sempre una caratteristica della nostra Certosa, fin dai tempi di San Bruno che era straniero anche lui. Viviamo questa diversità come un dono e una sfida: le differenze culturali e linguistiche ci educano ad ascoltare l’altro, a parlare nella sua lingua (che significa guardare dal suo punto di vista), ad accogliere le peculiarità di ciascuno.

Anche l’età è molto varia, andiamo da poco più di trent’anni fino a quasi novanta!

Come state a vocazioni? Qual è stata l’ultima volta che qualcuno le ha chiesto di unirsi a voi nella vita di clausura?

Le domande vocazionali non mancano, ci sono diversi giovani che chiedono di provare la nostra vocazione, anche se solo pochi poi continuano nella vita monastica. Adesso abbiamo alcuni novizi in formazione, l’ultimo ha iniziato tre mesi fa, ed attualmente qualcun altro sta facendo discernimento.

L’ultima volta che noi siamo entrati, il Padre Priore del tempo non usava internet: cosa è cambiato oggi? Un tempo i giornali non erano ammessi in certosa. Oggi leggete i giornali? Cosa sapete in certosa di cosa accade nel resto del mondo?

Oggi i nuovi sistemi di comunicazione sono ammessi in Certosa, anche se non per tutti i monaci, ma solo per coloro che debbono svolgere un compito specifico: il priore, il maestro dei novizi, il procuratore ecc. In alcuni casi abbiamo visto che, se usati bene, ci aiutano anche a custodire la clausura, come per esempio questa nostra intervista fatta via e-mail. E comunque, abbiamo scelto di non aderire a nessun tipo di social. La stampa è stata sempre usata con sobrietà in Certosa, privilegiando le riviste piuttosto che i quotidiani; in questo modo i monaci sono sempre informati di ciò che accade nel mondo, ma senza sottoporsi passivamente al bombardamento quotidiano dell’informazione. Un’informazione più tranquilla aiuta a riflettere meglio e ad essere più critici verso le notizie.

Due anni di pandemia hanno isolato ancora di più il mondo esterno da quello della Certosa?

Paradossalmente per noi è quasi avvenuto il contrario. Mentre in clausura la vita non è cambiata di molto per noi, la gente ha invece vissuto l’esperienza del lockdown in modo molto forte; per alcuni si è trattato di rinunciare per diversi mesi ai contatti, e perfino ad assistere alla Messa. Ci siamo subito resi conto del dramma che il mondo stava vivendo e l’abbiamo fatto nostro, stando vicini a tutti nella preghiera quotidiana, ma poi anche rispondendo a tanta gente che sentiva il bisogno di scriverci per affidarci le loro preoccupazioni e sofferenze; abbiamo scoperto tanta fede e tanta generosità, soprattutto nelle persone più semplici e umili

Come vivete la guerra in Ucraina?

Si tratta di un dramma enorme, come tutte le altre guerre in corso nel mondo, perché nelle guerre non ci sono mai vincitori, ma solo sconfitti: infatti è già una sconfitta per una civiltà pensare di risolvere in questo modo i problemi. L’aspetto più drammatico di questa guerra è che nessuno sta operando veramente per la pace, e ci stiamo quasi abituando a questo dramma della porta accanto. Soltanto il Santo Padre Francesco sta richiamando ogni giorno gli uomini a prendere coscienza di questo degrado della nostra civiltà. Per noi monaci si tratta evidentemente di accogliere nella preghiera tanta sofferenza innocente e presentarla al Signore, affinché tocchi il cuore di coloro che possono finalmente decidere di fermarsi.

Come giudica la Chiesa di Francesco?

Ogni Papa viene donato alla Chiesa nel momento giusto per migliorarla col proprio carisma, e Papa Francesco è arrivato proprio nel momento giusto, per testimoniare alla Chiesa l’autenticità e la semplicità del Vangelo. Il pontificato di Francesco va letto alla luce del discorso che Benedetto XVI, l’allora Card. Ratzinger, fece all’apertura del conclave che poi lo avrebbe eletto: ha parlato in modo molto forte dei mali che affliggono la Chiesa al suo interno e della riforma necessaria della Curia romana. Francesco sta attuando con forza e coraggio quel programma che Benedetto aveva iniziato, ma non era riuscito a portare avanti. Si tratta di un programma che certamente dà fastidio a molti perché tocca interessi e poteri forti, ma il Santo Padre ha una grande forza interiore, che è la forza della verità e della semplicità di Gesù Cristo.

La Certosa aveva una bellissima biblioteca, vale ancora oggi?

L’antica biblioteca della Certosa è andata praticamente dispersa col terremoto del 1783. Oggi abbiamo una biblioteca che è abbastanza aggiornata e, attraverso il museo, rendiamo disponibili i testi a chi chiede di consultarli.

Cosa sta leggendo in queste settimane?

Ho ripreso un libro di Soloviev del 1899. Tre dialoghi su guerra, morale e religione. Un testo veramente profetico e che consiglierei a chi vuole approfondire il dramma che l’Europa (sia occidentale che orientale) sta vivendo in questi tempi.

Il ricordo più bello e quello meno bello che lei si porta dentro della sua vita monastica?

Il monachesimo insegna a non dare molta importanza ai ricordi, ciò che è veramente importante è l’attimo presente, che è sempre colmo di una bellezza e di una forza che nessun altro momento della vita potrebbe darci. Ecco, il momento più bello della mia vita monastica, di tutta la vita, è proprio questo momento che sto vivendo adesso. Probabilmente ho vissuto anche dei momenti spiacevoli, delle contrarietà o delle delusioni, ma sinceramente … non me li ricordo più!

Un padre priore arriva e riparte, lei sa dove andrà dopo Serra San Bruno?

Ho il piacere, forse sarebbe più giusto dire l’onore, di essere il primo priore dopo il terremoto del 1783, ad essere stato eletto tra i monaci della comunità di Serra San Bruno. I miei predecessori sono venuti tutti da altre Certose, io ho la grazia di svolgere il mio ministero dove ho iniziato a fare il monaco. Non so se il Signore un giorno mi chiamerà altrove, in tal caso sarò felice di seguirlo, come ho fatto, tanti anni fa, venendo qui.

C’è un posto che le piacerebbe diventasse la sua ultima dimora?

La Certosa di Serra San Bruno, o qualunque altra Certosa del mondo, perché in tutte si trova il medesimo spirito del nostro Padre Bruno, colui che ha scoperto la gioia di darsi totalmente a Dio in una pienezza d’amore.

Padre, che dirle di più? Considero questo nostro incontro un privilegio personale che porterò nel mio cuore per sempre. Grazie ancora. (Pino Nano)

Ed io da questo blog ringrazio vivamente Pino Nano per averci regalato questa splendida intervista con dom Ignazio.

Un semplice esperienza

cartoon certosino

Lo scorso 27 ottobre, cari amici, ho pubblicato un’articolo riguardante una testimonianza di un giovane, il quale aveva trascorso un periodo nella certosa argentina di Dean Funes. Questo articolo ha riscontrato l’interesse di tanti, tra questi un’altro lettore del blog, il quale mi ha inviato la sua personale esperienza vissuta tra le mura certosine. Una esperienza breve, ma intensa, vi lascio al suo racconto.

La mia esperienza è molto semplice: mi sono trovato in Certosa perché avevo avuto il permesso di visitare un mio amico che stava facendo il cammino per diventare padre. Quando arrivai in Certosa fui accolto dal Priore e dagli altri fratelli e già avvertii qualcosa di particolare. Il meglio (per quanto mi riguarda) avvenne quando mi recai in chiesa per il Mattutino dove mi fu assegnato un posto vicino ai fratelli mentre io mi ero messo distante per non dare fastidio. Durante il lungo tempo del mattutino percepii la presenza tangibile del Divino che culminò durante la messa quando riuniti intorno all’altare fu spezzata l’eucarestia. Durante i quattro giorni di permanenza il momento più bello della giornata (passata rispettando la regola dell’ordine visto che mi era stata data una stanza dove vivevano i fratelli) era recarsi al mattutino dove si veniva avvolti dal canto gregoriano e dalla presenza parlante dei padri e fratelli pur nel silenzio, il resto della giornata passava leggendo un volume che conteneva la regola dei certosini e degli scritti di Guido che spiegavano l’essenza della vita certosina. Questa in sintesi la mia esperienza presso la Certosa di Serra San Bruno. Negli anni mi è capitato spesso di pensare che quell’incontro, che, non è stato casuale ed ho ripensato alle parole di San Bruno che diceva “Che incontrare una Certosa non è un caso ma una chiamata” (mi auguro di non aver fatto errori nella citazione). Spero di poter esser stato utile con quanto ho scritto. Grazie e D.V. B

Io aggiungo, grazie a te caro amico che con queste tue sensazioni condivise sarai di aiuto a quanti vorranno approcciarsi alla clausura certosina.

 

Corpus Domini in certosa

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In questo giorno speciale, nel quale viene celebrata la festività del Corpus Domini, nella quale si celebra il mistero dell’Eucaristia istituita da Gesù nell’ Ultima Cena. La festa, lo ricordo, venne istituita nel 1246 in Belgio grazie alla visione mistica di una suora di Liegi, la beata Giuliana di Cornillon. Poi, due anni dopo, papa Urbano IV la estese a tutta la cristianità dopo il miracolo eucaristico di Bolsena nel quale dall’ostia uscirono alcune gocce di sangue a testimonianza della reale presenza del Corpo di Cristo.

Ma come si vive all’interno di una certosa oggi, e come si viveva un tempo?

Essendo una delle festività più solenni, in certosa si svolge una Processione. Essa, come vedrete nelle immagini che seguono, prende avvio dalla Chiesa conventuale e, procedendo per il percorso rituale intorno al chiostro, rientra nella Chiesa dove si svolge la celebrazione eucaristica. La processione è aperta da un certosino che regge la Croce astile, accanto due certosini reggono i ceri. Immediatamente dietro il Priore con l’ostensorio, seguono altri certosini in fila. Le immagini che ho inserito in questo articolo si riferiscono alla certosa di Serra San Bruno e sono di qualche anno fà. Da questo blog vi ho in passato mostrato un video proveniente dalla certosa spagnola di Montalegre, ed un’altro relativo alla certosa di Santa Maria di Scala Coeli, di Evora in Portogallo.

Circa le testimonianze di ciò che accadeva nelle certose in passato, vi offro una testimonianza, tratta da un testo redatto da un parroco, riguardante la certosa di Pavia.

Ecco alcune parti del manoscritto concernenti il Settecento. “1782 – Il giorno dei Corpus Domini ho spantegato li fiori vestito da angiolo”. Una delle feste più solenni dei Certosini è il giorno del Corpus Domini. Viene organizzata una processione che si snoda dal chiostro piccolo al grande, fino al pergolato, per ritornare quindi in chiesa. Alla funzione partecipano tutti gli abitanti dei dintorni ed i bambini, vestiti da angeli ed adornati di fiori, vengono fatti trotterellare di fianco al preziosissimo baldacchino. Nel 1782 si tenne l’ultima processione del secolo XVIII, con la solita pompa.

Per meglio calarci nella suggestiva atmosfera di questa solenne Processione, ecco per voi il cantico di S. Ambrogio e S, Agostino “Hymne Pange Lingua”. Estratto audio dal film “Il Grande silenzio”,

 

In certosa al tempo del Coronavirus

serracovid

Cari amici lettori non avrei mai voluto scrivere un’articolo sul tema riguardante questa immane tragedia che il genere umano sta affrontando. Ma la comunicazione deve adattarsi ai tempi, pertanto in questo periodo nel quale siamo tutti costretti in una clausura obbligata nelle nostre case, percepiamo, seppur lontanamente, la scelta volontaria di chi opta per la vita monastica eremitica. Vi propongo una interessantissima intervista al Padre Priore della certosa di Serra San Bruno, che torna ad esprimersi sul tema. Alcune ore fa in piena quarantena, gli sono state poste delle domande alle quali ha risposto illustrandoci su come si vive in certosa al tempo del Coronavirus.

Dom Ignazio Iannizzotto

In che modo state vivendo questa situazione di emergenza da Covid-19 all’interno della Certosa di Serra San Bruno? Avete cambiato qualcosa negli stili di vita e in quei momenti di agape comunitaria e fraterna che la regola consente?

«La regola certosina comporta già una notevole separazione dal mondo che, in qualche modo, corrisponde a ciò che le autorità ci stanno chiedendo e quindi la nostra vita in concreto non è cambiata molto. I momenti di fraternità all’interno della clausura in fondo sono equiparabili a quelli di una normale famiglia che vive nella propria casa, tuttavia abbiamo voluto che alcuni aspetti della nostra vita sottolineassero la nostra comunione con tutti coloro che vivono con sofferenza questo periodo. Penso soprattutto alla privazione dell’eucaristia per tanti fedeli, per questo abbiamo deciso di rinunciare ad un segno molto importante nella liturgia certosina, che si è mantenuto fin dai primi secoli: la comunione al calice per tutta la comunità. Ripeto, oltre ad una scelta di prudenza igienica, per noi è soprattutto un far memoria, attraverso questa rinuncia, della più grande rinuncia a cui sono costretti tanti nostri fratelli e sorelle. Abbiamo anche scelto di fare lo “spaziamento” settimanale dentro le mura del monastero soprattutto per evitare nella gente ambiguità riguardo la possibilità o meno di fare passeggiate».

La Conferenza Episcopale Italiana nel comunicato del 12 marzo ha affermato che si può contare su un’azione orante continua per il Paese, che proviene dai monasteri…

«Penso che questo virus, che è dilagato proprio durante la Quaresima, sia un’occasione per noi monaci di andare al cuore della nostra vocazione di comunità orante “separati da tutti, ma uniti a tutti”. Questa coscienza del compito prioritario della preghiera riconduce tutte le nostre comunità all’essenza della vita monastica. Dobbiamo sentirci responsabili delle Messe che possiamo continuare a celebrare nei monasteri e della liturgia che continuiamo in coro. Ci è stato dato questo privilegio non certo perché siamo migliori, anzi, forse proprio perché non lo siamo! Dobbiamo essere più che mai consapevoli che nessuna delle nostre preghiere va vissuta senza sentirci uniti a tutta la Chiesa e a tutta l’umanità, raccogliendo l’implorazione di tutti ed offrendo al Padre la nostra impotenza, il nostro timore, la nostra speranza».

La necessità di contenere e contrastare il contagio da Coronavirus impone a tutti noi di restare a casa e di stravolgere così le nostre abitudini. Non è semplice limitare gli spostamenti e vivere per settimane all’interno delle quattro muova domestiche. Mentre voi monaci scegliete già una vita che si stabilizza in un luogo, la Certosa, in questo caso, tanto da fare persino voto di stabilità. Che consigli si sente di offrire a chi ci legge, per sfruttare al meglio questo periodo di “quarantena”, anche come occasione di crescita spirituale?

«Il rapporto col tempo è una delle chiavi fondamentali della vita spirituale. In questo periodo l’esperienza che tutti stanno facendo è quella del “fermarsi”, si tratta di una dimensione nuova, a cui non si era abituati, infatti è diventato quasi impossibile nella cultura occidentale moderna; neppure per le vacanze ci si ferma veramente, niente può arrestare la nostra corsa affannosa per approfittare della vita, delle del tempo ed anche delle persone. Fermarsi invece vuol dire ritrovare il presente, la vera realtà della vita e del tempo. Nel Salmo 45 Dio ci invita a fermarci per riconoscere la sua presenza tra di noi: “Fermatevi! Sappiate che io sono Dio, eccelso tra le genti, eccelso sulla terra” (Sal 45,11-12). Dio ci chiede di fermarci, non ce lo impone, ci chiede de fermarci come ci si ferma davanti ad una persona amata, o davanti a qualcosa di bello che ci riempie di silenzio. Fermarsi davanti a Dio significa riconoscere che la sua presenza, riempie l’istante e quindi soddisfa pienamente il nostro cuore».

Che cosa la tradizione monastica e, in particolare, quella certosina hanno da insegnare sull’importanza di scandire con regolarità e ordine i momenti della giornata?

«Si dice che i monaci vivano al ritmo della campana… In realtà la nostra regola ci insegna soprattutto a vivere ogni momento della giornata con quell’attenzione e quella disponibilità all’ascolto, che può aiutarci a riconoscere la ricchezza di tutta la realtà. Ogni cosa che facciamo, ogni attività che dobbiamo svolgere, anche il riposo, tutto ha una grazia propria, un tesoro che ci viene svelato e donato, se sappiamo fare tutto senza affanno e con regolarità. La nostra giornata deve essere quindi “sinfonica”, ogni cosa deve avere il suo valore e ogni cosa va fatta al suo momento giusto, senza creare disordine e senza attaccarsi all’una o all’altra attività a scapito delle altre: tutto contribuisce al bene di coloro che amano Dio e tutto è ricco di grazia».

In queste settimane i fedeli cattolici sono anche chiamati al digiuno dall’eucarestia: è una quaresima particolare, questa, in cui davvero si fa esperienza del “deserto”. Le Messe con il popolo sono sospese nella maggior parte del mondo occidentale, e non solo. Nella storia del monachesimo il digiuno dall’Eucarestia è ricorrente: in Oriente come in Occidente chi si ritira dai centri urbani per abbracciare una vita di silenzio e di contemplazione, eremitica, se non è sacerdote, non ha la possibilità di accedere all’Eucarestia, anche per anni. Su questo che cosa può dire il monachesimo all’uomo di oggi?

«La pratica quaresimale del digiuno eucaristico sopravvive ancora nel Rito Bizantino e, in forma minore, nel Rito Ambrosiano. Da noi, nei tempi passati, i fedeli si accostavano alla comunione piuttosto raramente, tanto che vi era il precetto che diceva di fare la comunione “almeno a Pasqua”. Oggi le cose sono cambiate e la possibilità di accostarsi quotidianamente all’Eucaristia è molto importante per la vita dei fedeli, tuttavia è anche importante mantenere vivo il bisogno e il desiderio di ricevere il Corpo di Cristo, per riscoprire che ciò che ci viene donato è un mistero straordinario e per niente scontato. Nell’amore non c’è niente di peggio dell’abitudine e questo vale e soprattutto nell’amore per il Signore: Lui ci dona sé stesso in un atto di sacrificio che deve sempre trovarci colmi di desiderio e di gratitudine, di gioia e di timore. In questi giorni mi capita di pensare a quando finalmente sarà possibile per i fedeli riaccostarsi agli altari per ricevervi l’Eucaristia, immagino le loro lacrime, la gratitudine, la lode del cuore: sarà una vera Eucaristia!»

Questi giorni per la vostra comunità sono coincisi anche con la scomparsa del certosino Dom Elia Catellani, un uomo di grande spiritualità. Che ricordo Lei ha di Dom Elia?

«Quello che è notevole nella storia spirituale di D. Elia è la percezione che lui aveva della sostanziale unità della sua vocazione, pur nella molteplicità di vicende che ha attraversato. La sua forte propensione pastorale, il desiderio di incontrare la gente, di accogliere tante anime bisognose di conforto, tutto ciò che alla fine lo avrebbe portato a vivere fuori dalla Certosa, lui non lo ha mai vissuto in modo conflittuale o polemico, ma quasi con la semplicità di un bambino che non si pone problemi, con una grande libertà spirituale. Ed è proprio questa la dote monastica di D. Elia, che mi sembra importante evidenziare: una grande libertà spirituale, unita però ad un forte senso degli obblighi che aveva come religioso e come sacerdote. Se da una parte lui è stato sempre molto scrupoloso, così come anche fedelissimo al dovere della preghiera, d’altra parte la sua apertura mentale gli consentiva di accogliere, comprendere ed aiutare tutte le persone che si rivolgevano a lui, sia in Certosa che fuori. Infatti tutti lo ricordano sempre disponibile, sempre accogliente, sempre sorridente, quando gli si chiedeva un aiuto di qualsiasi tipo. La gioia che D. Elia sapeva esprimere ricorda quella caratteristica di San Bruno che si legge nel titolo funebre scritto, in occasione della sua morte, dai monaci di Calabria: Semper erat festo vultu (Aveva il volto sempre lieto). Chiunque ha conosciuto D. Elia ricorderà con affetto quel volto “sempre lieto” che lo faceva tanto somigliare al nostro Padre Bruno, una letizia che si trasmetteva a tutte le persone che lo incontravano, una letizia che con semplicità mostrava il vero valore delle cose che contano e di quelle che passano. Una letizia che sapeva esprimersi con un delicato sorriso, come quello che è rimasto sul suo volto perfino dopo il decesso e che tutti ricorderemo».

Ringrazio l’autore dell’intervista, che ha consentito a Dom Ignazio di illuminarci in questo tempo tormentato, con le sue parole sulle quali vi prego di riflettere e meditare…

Voglio in questo articolo invitare tutti a pregare per tutte le vittime, i loro congiunti e tutti gli ammalati di questo terribile morbo, che sta flagellando il nostro pianeta.

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Emergenza Covid-19.Un messaggio dalla certosa

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Cari amici lettori del blog, in maniera del tutto inaspettata, a causa dell’ imperversare del maledettamente noto Coronavirus, pubblico questo articolo straordinario. Ma credo, che il suo contenuto possa provare a lenire le preoccupazioni e le sofferenze legate a questa emergenza. Si tratta del testo di un messaggio diffuso poche ore fa da Padre Priore della certosa di Serra San Bruno, Dom Ignazio Iannizzotto. Non aggiungo altro, vi lascio alle sue parole.

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Cari fratelli e care sorelle,                                                              10 marzo 2020

non avremmo mai pensato di trovarci in una situazione tale che si dovesse sospendere la celebrazione della Santa Messa per il pubblico, non solo nella cappella esterna della nostra Certosa, ma anche in tutte le chiese. Tuttavia dobbiamo attenerci alle indicazioni che le autorità hanno stabilito, nella consapevolezza che la responsabilità di tutti sarà l’unica via per superare questo momento di emergenza.

In questi giorni sono arrivate in Certosa molte telefonate di persone che volevano esprimere il loro dolore e la loro costernazione per la privazione della Messa e dell’Eucaristia. Vi siamo vicini con tutto il cuore e offriremo ogni giorno la vostra sofferenza sull’altare.

Noi certosini da sempre celebriamo l’Eucaristia in clausura separati da tutti, ma la nostra Eucaristia è stata sempre celebrata per tutti e in comunione con tutti. Adesso la straordinaria circostanza in cui ci troviamo ci chiama a vivere ancora di più questa speciale comunione: noi continueremo ogni giorno, come sempre, la solenne celebrazione comunitaria del Santo Sacrificio e lo faremo insieme a tutti voi, offrendo la nostra comunione soprattutto per coloro che in questo momento sono privati della partecipazione all’Eucaristia.

In questa situazione non bisogna lasciarsi andare spiritualmente, diventando apatici nei confronti della vita spirituale, ma piuttosto intensificare l’unione col Signore con la preghiera, offrendo a Dio la nostra impotenza, la nostra sorpresa, il nostro timore.

Ogni giorno, i monaci certosini, andando alla Messa conventuale delle 08.00, pregheranno in modo speciale per tutti coloro che non possono parteciparvi, vi invitiamo quindi ad unirvi alla nostra preghiera e alla consacrazione che farà il sacerdote sull’altare. Così come vi chiediamo di unirvi a noi anche per i Vespri, che vengono celebrati ogni giorno alle 17.00, alla fine dei quali faremo una preghiera speciale per l’epidemia.

Possa l’intercessione della Vergine Maria e di San Bruno nostro Padre liberarci da questo male e ridarci la gioia della fraternità.

Un caro abbraccio a tutti, in comunione di preghiera.

Fr. Ignazio

Priore della Certosa

 

NEWS Dom Jacques Dupont lascia la certosa di Serra

NEWS

Dom Jacques Dupont lascia la certosa di Serra

La notizia, è stata diffusa alcune ore fa da un comunicato della comunità certosina nel quale si spiega, in maniera concisa ma esaustiva, il perché di questa decisione. Al posto di Dom Jacques Dupont, arriva in Calabria Dom Basilio Trivellato già priore della certosa di Farneta. Ecco a voi il comunicato ufficiale.

Dopo più di 21 anni dal suo arrivo a Serra San Bruno, dom Jacques Dupont lascia la Certosa calabrese, per poter svolgere meglio, in un’altra sede, la sua funzione di Procuratore generale dell’Ordine. Già da qualche tempo, infatti, si sono intensificati i suoi impegni di rappresentanza presso la Santa Sede, nonché quelli di Visitatore delle Certose di Spagna, che lo hanno costretto a numerosi periodi di assenza.

Il Reverendo Padre Generale, dom Dysmas de Lassus ha contestualmente nominato il nuovo Priore della Certosa calabrese nella persona di dom Basilio Trivellato, già priore della Certosa della Spirito Santo in Farneta (Lucca), che ha trascorso due anni nel monastero serrese dal 1999 al 2001, come vicario della comunità certosina.

Mentre si invoca il dono della Spirito Santo su dom Jacques e dom Basilio al’inizio del loro nuovo ministero, si ringrazia il primo per l’azione spirituale che ha saputo condurre in questo ventennio di priorato e si augura al secondo un proficuo ministero sulle orme di san Bruno in terra di Calabria.

Dom Jacques vuole esprimere il più caloroso ringraziamento a tutti i Calabresi per ciò che ha ricevuto da loro e da questa terra: “È stato un grande dono di Dio vivere tanti anni in un luogo che aveva già incantato san Bruno. I vari e numerosi contatti con i Serresi e i Calabresi mi hanno arrichito umanamente e spiritualmente. Non ho parole per ringraziare ciascuno, ma ognuno può essere sicuro che avrà per sempre un posto privilegiato nel mio cuore. Mando a tutti un saluto affettuoso, con l’augurio, sostenuto dalla preghiera, che possano rispondere con gioia e con impegno al progetto di Dio su questa terra benedetta”.

Dom Basilio Trivellato in una recente visita alla certosa di Calci

Dom Basilio Trivellato in una recente visita alla certosa di Calci

Cartusialover, augura a Dom Basilio una nuova stagione da trascorrere nei luoghi vissuti da san Bruno nella certosa di Serra,  dai quali potrà respirare la energia spirituale che gli occorrerà per guidare egregiamente la comunità calabrese.

Il mio personale omaggio a Dom Jacques Dupont, è la pubblicazione di alcune vecchie foto nelle quali appare un giovane monaco certosino in visita alla monumentale certosa di Padula. Cari amici, lo riconoscete?

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Il cinquecentenario del ritorno dei certosini a Serra

Il cinquecentenario del ritorno dei certosini a Serra

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StefanoBosco

Oggi 27 febbraio 2014, ricorre il cinquecentenario del ritorno dei certosini nella certosa di Serra san Bruno, dopo 322 anni di permanenza cistercense. A seguito dell’evento del ritrovamento delle ossa del santo fondatore Bruno, il Papa Leone X, nel 1514 approvò il culto di san Bruno e ritenne opportuno far insediare nuovamente i certosini a Serra. Sulle ragioni del precedente allontanamento dei monaci bruniani, avvenuto nel 1194 per volontà di Papa Celestino III e di re Tancredi e sui monaci cistercensi che vi subentrarono, recentemente, un libro ha cercato di fare chiarezza, sull’accaduto. Il titolo del libro è “l’Angelo di Sibilla” e vi consiglio di leggerlo. Ma proseguiamo nella descrizione dei fatti che riportarono il carisma certosino in Calabria. Alla presenza dei priori delle certose meridionali di Napoli, Capri, Padula e Chiaromonte, nonchè di esponenti della nobiltà napoletana e calabrese il 27 febbraio del 1514 avvenne ufficialmente la “recuperazione” della certosa di S. Stefano, che prese il nome di  “Domus sanctorum Stephani et Brunonis”. Avuta la delega dal Capitolo Generale il certosino bolognese Dom Costanzo De Rigetis, proveniente dalla certosa di Montello, ne assunse la guida come priore, dando avvio all’attività monastica.

Il passaggio di consegne avvenne con una suggestiva processione dei cistercensi che uscirono dal monastero andando incontro ai certosini che subentrarono, e da tutti fu cantato il TeDeum.

Fu fondamentale l’opera intrapresa da De Rigetis che scrupolosamente e con meticolosa cura nella ricerca, realizzò un “Libretto della Ricuperazione” datato 1523, una sorta di inventario di quello che trovò al suo arrivo in certosa. Esso ha costituito un documento importantissimo per ricostruire la vita di Bruno in Calabria e dei primi successori. Subito dopo essersi insediati i monaci certosini, furono costretti ad avviare grandi lavori di ristrutturazione ed abbellimento, sostenuti economicamente dai confratelli di san Martino di Napoli, e che continuarono per diversi secoli.

Vi fu l’ampliamento del chiostro grande, che fu e dotato di 24 celle (1523), il consolidamento del muro di cinta, rafforzato con 7 torri di guardia (1536), il completamento del chiostro e la costruzione del Refettorio (1543, il completamento della nuova chiesa conventuale (1600,oltre alla creazione del laghetto artificiale delle penitenze (1645)ed alla risistemazione del cosiddetto Dormitorio (1776). Una vera rinascita che dette lustro alla certosa calabrese ed a tutto il territorio circostante, che trovò beneficio grazie alle attività agricole svolto nelle grange e nei possedimenti dei monaci. Nonostante le ulteriori e successive vicende legate al terremoto ed alle soppressioni monastiche, la vita certosina a Serra è ancora fiorente e la certosa risulta essere il cuore pulsante della spiritualità di tutta la Calabria.

A tal proposito come vi ho esposto in un precedente articolo il simbolo di questo anniversario è la ormai celebre icona intronizzata nella cappella esterna della certosa con cerimonia solenne lo scorso 18 gennaio. Potrete assistere alla funzione svoltasi, grazie ad un documento filmato inviatomi da un amico di questo blog, che ha immortalato le fasi salienti dell’evento.

Padre Elia e “La sete dell’assoluto nel mondo contemporaneo”

Padre Elia e “La sete dell’assoluto nel mondo contemporaneo”

Oggi vi ritorno a parlare di un certosino, nostro contemporaneo, da me definito in un precedente post speciale ma solo per indicare la sua peculiare condizione di esclaustrato. Si tratta di Padre Elia Castellani, che nell’ambito della visita pastorale dello scorso ottobre di S.S. Benedetto XVI alla certosa di Serra San Bruno, ha partecipato ad un convegno svoltosi a Lamezia Terme, in Calabria, dal titolo:

“LA SETE DELL’ASSOLUTO NEL MONDO CONTEMPORANEO”

 In questa sede Padre Elia, ha puntualizzato che “La vita monastica è ascesi, cura e attenzione per il trascendente che nella vita quotidiana viene negato o dimenticato. L’ascesi è sforzo, fatica, sudore. Il difetto dei nostri giorni è che seguiamo i nostri istinti”. Ha aggiunto inoltre che  “Noi valiamo quello che siamo, prima di valer per quello che facciamo. Se non si vive in comunione con Dio ci si inaridisce. Siamo innestati nella vita divina, perciò dobbiamo sentirci consacrati, dobbiamo appassionarci alla Parola di Dio”. Secondo Padre Catellani “la fonte primaria della fondazione monastica è la famiglia cristiana. Oggi – ha fatto notare il monaco – le nostre case somigliano ad alberghi, dove le persone alloggiano senza vivere insieme. Aprite la Bibbia che avete negli scaffali – ha esortato Padre Elia – Santificate la domenica perché è necessario calare la nostra vita nell’energia trascendente che vivifica la nostra giornata”. Oltre a questo estratto delle dichiarazioni di Padre Elia, di seguito vi riporto i video dell’interessante convegno.

Buona visione

Introduzione

Intervento Padre Elia

Conclusione