Voglio proporvi nell’articolo odierno un’altra testimonianza di un ex novizio certosino che ha conosciuto e stimato il compianto Dom Isidoro Maria Estudillo, parole che vengono dal cuore. Un ricordo che lascia viva la memoria del nostro amato Dom Isidoro.
All’inizio del 2010 ho scritto una lettera alla Certosa di Santa Maria Scala Coeli, di Évora, per trascorrere alcuni giorni con la comunità monastico il cui carisma provocava in me un’enorme inquietudine. A quel tempo, ho cercato di vivere il ritmo dei monaci in un ambiente segnato attraverso l’esperienza del deserto, della solitudine e del silenzio, secondo il modello istituita circa mille anni fa da San Bruno, il Padre dell’Ordine.
Conoscevo la storia dell’Ordine della Certosa in Portogallo, i suoi rapporti con l’Arcivescovado di Évora e il Ducato di Bragança, così come il suo inestimabile patrimonio spirituale, religioso, artistico e architettonico. Ma quello che che mi turbava non era la ricerca della conoscenza: sentivo un immenso desiderio di avvicinarmi a Dio e all’Ordine sulla base di una dedizione umile e radicale. La risposta alla mia lettera non tardò ad arrivare, e poche settimane dopo, sono arrivato a Évora nel momento in cui Dom Antão López, priore di Scala Coeli, ha celebrato l’Eucaristia per la comunità evorense nella cappella del monastero, accanto al cancello che mostrava il cartello che annunciava l’ingresso in uno spazio chiuso. Era domenica. Sono entrato nella cappella, mi sono seduto su nei banchi vuoti e loro hanno partecipato all’Eucaristia con un misto di curiosità e stranezza: la liturgia certosina, nella sua incessante cadenza di momenti di silenzio e di attesa, mi hanno costretto a un raccoglimento interiore a cui non ero abituato e che quindi sfidava il mio modo di pensare e sentire la spiritualità. Mai, fino ad allora, ero entrato in uno spazio monastico vivente. Terminata l’Eucaristia, Dom Antão López si è avvicinato a me, sapendo che ero io quello che aveva inviato una lettera alla comunità, mi ha regalato un rosario in legno di ulivo della Terra Santa, con un crocifisso con impresso il nome della Certosa, che conservo ancora oggi con me. Abbiamo parlato con gentilezza per un po’, poi siamo entrati nel monastero e ci siamo diretti alla cella che sarebbe stata il mio spazio di ritiro durante il soggiorno insieme alla comunità. Poco dopo ci siamo incontrati per una visita al monastero e rimasi stupito dall’onnipresenza della bellezza: la chiesa, il il chiostro e la biblioteca mi hanno ispirato la voglia di esserci e di vivere quei giorni in un rapporto di affidamento e fiducia in Cristo, nonostante i miei dubbi e le mie incertezze. Nel pomeriggio, dopo il pranzo e il riposo, la comunità si è riunita per un momento di convivialità all’ombra degli alberi piantati nello spazio esterno della certosa. La giornata era mite e c’era una leggera brezza. Fu allora che ho incontrato Dom Isidoro Maria Estudillo, oltre agli altri Padri e Fratelli che vivevano a Scala Coeli: appena ho scambiato le prime parole con lui, ho capito subito che si trattava di un uomo di fede – un uomo la cui vita era stata spesa in un rapporto di amore con il Signore e di donazione a tutti gli uomini attraverso la preghiera e la contemplazione. Nei giorni che seguirono, potei confermare la mia intuizione nelle diverse ore che ho trascorso in cui mi sarebbe concessa la grazia di essere alla presenza dei religiosi che hanno creduto nella bontà e bellezza di Dio. Dom Isidoro era, per natura, un uomo semplice e affabile, dalla voce dolce e tenera, sempre capace di ispirare fiducia in cui, come me, ha vissuto per la prima volta l’esperienza dell’ineffabile monastico. Ci sono stati diversi momenti in cui ho parlato con Dom Isidoro: mi ricordo soprattutto il giorno in cui sono andato nella sua cella per sentirlo parlare del Signore e della sua esperienza di vita nel carisma certosino. La sua testimonianza di fede era degna di un uomo il cui percorso non era esente da dubbi e incertezze, anche se c’era qualcosa in lui che lo portava a perseverare nella scelta maturata in quei teneri anni: la loro capacità di fidarsi di Dio, in atteggiamento di resa che solo uno spirito umile potrebbe provare di fronte alle difficoltà della solitudine e del silenzio. Inoltre, Dom Isidoro aveva in sé qualcosa che era molto suo: la sua capacità di amare tutti gli elementi della Creazione, lasciandosi stupire dalla bellezza della natura, delle cose semplici e banali, come un mistico che alza la voce dentro verso Dio in un gesto di incessante riconoscenza.
Ricordare Dom Isidoro è quindi evocare la bellezza e la bontà di tutte le cose. La tua vita è e sarà sempre, per me, un esempio di perfezione. della vita umana, dell’amore a Dio, della devozione a San Bruno e alla Certosa e di amicizia con tutti i fratelli che con lui hanno scelto di vivere la fede in Cristo, perseverante nel suo esempio, in mezzo alle tribolazioni del deserto.
A testimonianza dell’amicizia che provo per lui, mantengo ancora un rosario che avevo accanto all’immagine della Beata Vergine nel suo piccolo deserto personale. Da quando è partito per la Casa del Padre, Chiedo alla Beata Vergine, Madre di tutti i Certosini, di accoglierlo nel suo grembo con affetto e tenerezza, avvolgendolo nel suo abbraccio come una madre che bacia i bambini. Saremo anche noi capaci di ascoltare con attenzione questo esempio di vita e di fede, convinti che il loro dono più grande, oltre a bontà e dolcezza, era l’amore che provava per Dio e per l’Ordine che lo ha accolto nel suo viaggio intorno al mondo.
(Mario)
Ringrazio il blog portoghese escadoceu.org che ha reso possibile la realizzazione di questo articolo
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